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Caccia e inquinamento da piombo: l'associazione Footprint lancia l'allarme

Quante volte ci è capitato di camminare tra praterie o boschi e trovare a terra le classiche cartucce da caccia. La maggior parte di noi si è indignata o perlomeno si è posta della domande riguardo al loro inquinamento.

Le cartucce da caccia, composte da materiali plastici e metallici, inquinano, ma mai quanto il loro contenuto. Il piombo.

Il piombo è utilizzato da migliaia di anni ma ultimamente ne è stato bandito l’utilizzo, costringendo i produttori di oggetti che lo contenevano a trovare alternative, e dove il suo utilizzo è indispensabile, entrano in gioco tutti i rigidi protocolli per il corretto smaltimento.

Per ovvi motivi, il piombo che costituisce i pallini o pallettoni delle cartucce, una volta sparato non viene raccolto tantomeno smaltito ma resta sul terreno.

Facendo dei semplici calcoli in base alla quantità di piombo di una cartuccia ed il numero dei colpi sparati durante il periodo venatorio, si raggiunge un dato veramente allarmante: 8.000 tonnellate di piombo disperso nel terreno ogni anno in Italia.

L’inquinamento da piombo è tra i più trasversali che possiamo trovare in quanto rientra nella catena alimentare umana ed animale, causando un danno irreparabile alla biodiversità.

L’ingestione del piombo sia per l’uomo che per gli animali può avvenire in modo diretto ed indiretto. Ad esempio, diversi volatili scambiano i pallini per sassolini (Grit) che agevolano la loro digestione oppure per granaglie ed ingerendone solamente 3/4 purtroppo muoiono.

Per l’uomo invece l’ingestione diretta avviene assumendo la selvaggina cacciata, dove anche se eliminate le macro particelle restano livelli di piombo 50 volte superiori ai limiti di legge.

L’ingestione indiretta avviene quando un rapace, ad esempio, si nutre di un animale impallinato o avvelenato dal piombo.

Tra i vari metodi indiretti di avvelenamento troviamo anche l’inquinamento delle falde acquifere che contribuiscono a minare pesantemente la salute umana e animale.

L’intossicazione da piombo, nota anche come saturnismo, è una patologia grave che nell’uomo porta a danni irreparabili al sistema nervoso centrale mentre negli animali più resistenti che non muoiono per ingestione diretta, porta a disfunzioni al sistema immunitario, riproduttivo e comportamentale, causandone conseguentemente la morte.

Secondo alcuni studi fatti su rapaci morti per incidenti, come ad esempio l’impatto con i cavi dell’alta tensione, si è constatato che la maggior parte di loro era avvelenata dal piombo.

Questa sostanza ad oggi è proibita e secondo la World Health Organization ed Efsa (European Food Safety Autority) non esistono livelli di piombo sicuri per il nostro organismo e i danni sono irreversibili.

A conferma di queste tesi ci sono più di 500 studi a partire dal lontano 1898 e ben 200 esperti hanno segnalato il rischio da piombo.

A livello balistico, grazie alle sue proprietà, il piombo si dimostra un super materiale ed è per questo che è impegnato fin dall’antichità per la produzione di munizioni.

Sono però state eseguite diverse prove per impiegare altri materiali, come il nichel, l’acciaio o il rame; uno di questi test, eseguito nella provincia di La Spezia, ha dato risultati soddisfacenti.

La Comunità Europea incaricando gli Stati membri ha dato disposizione di intervenire nel prossimi anni a livello legislativo per sostituire il piombo con materiali non inquinanti.

Visto anche l’interessamento di istituzioni a livello mondiale ed italiano come Aewa (Agreement on the conservation of african-eurasian migratory waterbirds) e Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), ci auguriamo che questo inesorabile avvelenamento della biodiversità finisca quanto prima.

Footprint, da sempre impegnata per la tutela della bioricchezza, si impegnerà a monitorare e proseguire questa campagna affinché tutte le specie coinvolte non subiscano ulteriori danni.

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