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Cassa d'espansione del Baganza, Giuliano Serioli: “Opera inutile e costosa, esiste un'alternativa”

Nei prossimi giorni la presentazione del progetto per la “messa in sicurezza definitiva” per il territorio. C'è chi non la pensa così e propone soluzioni molto più veloci e meno dispendiose per difendere il territorio: intervista al coordinatore di Rete Ambiente Parma

Nei prossimi giorni verrà presentata a Felino il progetto per la cassa d'espansione del Baganza, opera con una stima di costi di circa 60 milioni di euro che dovrebbe proteggere il territorio provinciale da possibili piene del torrente ed evitare disastrose conseguenze, come quelle avvenute anni fa nella zona di Sala Baganza. Presenti in prima persona l'assessore regionale alla difesa del suolo insieme al dirigente di Aipo, l'agenzia interregionale promotrice del progetto. Abbiamo intervistato l'ambientalista Giuliano Serioli, coordinatore di Rete Ambiente Parma, ci parla di quanto può essere inutile e dispendiosa un' opera di questo tipo e quali sono i modi più economici, funzionali ed ecocompatibili per mettere in sicurezza il territorio evitando disastri e migliorando l'assetto idrico per l'agricoltura della zona favorendo l'economia locale.

Serioli, si parla della cassa di espansione sul Baganza: opera che metterà in sicurezza in maniera definitiva il torrente. Perchè dice che la cassa d'espansione non sia la soluzione corretta?

"Per messa in sicurezza "definitiva" di un corso d'acqua si intende generalmente la costruzione di una cassa d'espansione, o di laminazione, finalizzata al contenimento di eccezionali masse di acqua prodotte da eventi atmosferici particolarmente intensi. Nel caso del torrente Baganza è stata prevista una escavazione lineare dell'alveo e delle parti laterali per circa 5 milioni di metri cubi. L'abbassamento dell'alveo implica la migrazione dell'erosione sia a monte che a valle, compromettendo la struttura e la dinamica delle falde acquifere, soprattutto nelle zone di drenaggio, dove queste arrivano a convergere sul livello del torrente. L'escavazione dell'alveo ha come effetto l'abbassamento del pelo dell'acqua del torrente e quindi delle falde ad esso connesse dal punto di vista idrogeologico. Con maggiori difficoltà di approvvigionamento idrico in zona. Il concetto di "messa in sicurezza", previsto dall'attuale progetto, è sbagliato: anche se l'opera ha un tempo di ritorno teoricamente lungo, esiste oggi una forte probabilità che si verifichino piene sempre maggiori della precedente, dato il cambiamento climatico in atto. In sostanza, se si progetta oggi la cassa d'espansione del Baganza ci si deve basare su dati meteo storici probabilmente già superabili nel brevissimo periodo". 

Ci sono, a suo parere, metodologie alternative per risolvere il problema delle piene con minori costi e più sostenibilità ambientale?

"Sono convinto che ci sia una soluzione alternativa meno invasiva per l'ambiente, con minor consumo di suolo e di spesa molto inferiore. Non una soluzione artificiale che prevede un invaso di 74 ettari con l'asporto di diversi milioni di metri cubi di ghiaia, ma, col coinvolgimento di agricoltori da compensare, dotare di sfioratoi gli argini del torrente, in modo da limare le piene in una zona di campagna a valle dell'abitato di Sala Baganza. Argini e sfioratoi costruiti direttamente dagli agricoltori della zona, con un prelievo di ghiaia dall'alveo meno invasiva e più diffusa, tale da non modificare il profilo longitudinale del torrente. Ghiaia prelevata dagli stessi agricoltori da aree deputate a diventare laghi in caso di piena, serbatoi d'acqua da utilizzare a livello irriguo per la campagna della Pedemontana, già più volte in sofferenza nel periodo estivo. I volumi di ghiaia sarebbero pari alla metà di quelli previsti dal progetto della cassa d'espansione e sarebbero utilizzati in loco. Il problema del progetto attuale, infatti, è dato anche dal fatto di dove collocare con profitto quei grandi volumi di inerti, data la crisi ormai cronica dell'edilizia. Il mancato smaltimento della ghiaia potrebbe spostare ulteriormente in là nel tempo l'edificazione della cassa, mentre il cambiamento climatico spinge ad una soluzione anche provvisoria, ma rapida e soprattutto coinvolgente. Il tema di coinvolgere il territorio non è secondario. Attiene a chi esegue i lavori e ne ha un ritorno economico. Col progetto della cassa si parla di 60 milioni di euro che finiranno fatalmente ad una grande azienda in grado di eseguire i lavori. Col progetto alternativo si spende molto meno e quei soldi finiscono agli agricoltori della zona e a piccole aziende del comparto edilizio". 
 

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