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Parma rialzati, è un pugno che non fa male

Derby tatticamente perfetto da parte dei ragazzi di D'Aversa che si arrendono solo al jolly pescato alla fine da Dzemaili

Il pugno in pancia, a partita finita, il giorno dopo non fa più male. Il destro secco che ha colpito in pieno ventre il Parma mentre stava allestendo le sue corde vocali per gridare al miracolo di quei tre punti che – per tanti alla vigilia – sembravano solo un miraggio, è stato ammorbidito. I grumi sono stati ingoiati, seppure a fatica. E' rimasta un po' di rabbia per i punti lasciati al Dall'Ara, ma siamo sicuri che il percorso di crescita nel quale il Parma si è incanalato continuera. Soprattutto se consideriamo che si è arrivati a 10'' dalla vittoria. Un’utopia alla vigilia, considerando l’emergenza con cui la truppa di D’Aversa è andata a Bologna. Zaino in spalla, pieno di fiducia e acume tattico, spirito di sacrificio e senso del dovere tipico degli adepti, i giocatori di Bob sono arrivati a un passo dal traguardo, prima di inciampare sul destro potente di Dzemaili, con il quale lo svizzero ha strozzato in gola il grido di giubilo per quella che sarebbe stata la vittoria (meritata) di una squadra che riesce a graffiare nel fondo del barile e trovare del buono. Quasi sempre.

Il Parma torna da Bologna con in tasca un punto, con in bocca il sapore della beffa dopo essere stato colpito alle spalle, senza quasi accorgersene perché evidentemente non aveva avuto sentore. La rabbia per il gol di Dzemaili a tempo scaduto annacqua il risultato ma non sbiadisce la prova offerta dai giocatori preparati in tutto e per tutto dal proprio allenatore, un programmatore che lavora sui software di ognuno dei suoi uomini, ammodernati nel modo di pensare, pieni di consapevolezza nei loro mezzi, oltre che con tanta convinzione in più di poter fare ‘la guerra’ con tutti, battendosi per far valere i propri dogmi su quelli degli altri. Il cambio di filosofia daversiana è tradotto nei numeri di un Parma che ha segnato 20 reti dopo le prime 13 partite di una stagione di Serie A. E’ la prima prima volta dal 2003/04, quando arrivò a segnarne 21.

Significa che si gioca con un baricentro più alto, che si attacca l'avversario più in là e che si costruisce in tanti modi diversi. Senza Inglese da cinque partite, con Karamoh e Cornelius fermi per guai fisici, con Gervinho a tifare da casa per una lesione che lo ha costretto al forfait (potrebbe tornare contro il Milan), Roberto D’Aversa si è riscoperto abile stratega nell’aver disegnato un Parma con Kucka – proprio lui – centravanti, messo lì tra i giganti del Bologna ai quali ha portato puntualmente via la merenda (suo l’assist per Iacoponi) e contro i quali ha vinto parecchi duelli (16) subendo ben 6 falli, aver dato un’altra impostazione in fase offensiva (Darmian e Gagliolo accompagnavano spesso) e una fase difensiva in cui la terra di mezzo sulla trequarti è diventata di conquista.

E’ lì, specie nella fase offensiva, che il Parma ha fatto più male perché Svanberg – deputato alla controffensiva – è stato reso innocuo da Barillà e compagni straperdendo il duello con il suo connazionale Dejan Kulusevski, autore di un paio di numeri di prestigio da stropicciarsi gli occhi e di una partita – un’altra, l’ennesima – sontuosa nella quale è arrivato a correre quasi per 13 chilometri (12.945). L’aver creato otto occasioni da gol (3 portano la firma dello svedese), è sintomatico di come la musica sia cambiata per davvero. Il Parma in 13 giornate ha portato a segnare 10 giocatori diversi: meglio, con 11, ha fatto solo l’Inter e il primo gol di Iacoponi in Serie A ha testimoniato e sorretto anche la tesi dei progressi fisici di una squadra che corre compatta e si muove in blocco. Unico neo: l’attenzione nei calci da fermo. Perché si prendono gol come quello di Dzemaili? D’Aversa – un perfezionista che sui calci piazzati ha costruito la sua tesi a Coverciano – deve trovare il rimedio.

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