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L'INTERVISTA

Il Covid, il Parma, Maradona e Buffon. Sensini: "Qua sono stato felice e magari torno"

L'ex gloria crociata: "Il 2020 anno peggiore: il mondo è cambiato ma non si può prescindere dagli affetti. Il calcio? Vi dico come la vedo io. Gigi è impressionante. Stregato da Bernabé"

"Sono tornato a Parma perché mi mancava molto la città, mi mancavano gli affetti. Torno sempre dove sono stato bene e qui posso dire di essere stato bene. Sono stato felice". Nestor Sensini ci aspetta mentre canta il ritornello di Nel blu, dipinto di blu, un grande classico di Domenico Modugno. E' nella all dell'albergo, è con la moglie e i figli Giulia e Federico. "Sto mettendo a posto il mio appartamento in città, magari un domani torno. E se i miei ragazzi vogliono venire a vivere qua hanno già una base importante da dove partire. Mancavo dal 2020, l'anno nero della pandemia. E' stato brutto davvero. Tra l'altro, quando tutto è cominciato con i primi casi di Codogno, io mi trovavo in Italia. A Udine. Ero in macchina quando ho sentito dei primi contagi italiani"

Qua è stato un inferno. 
"Anche da noi. Io ho perso mia madre a causa del covid. Tra l'altro non ero neanche in Argentina, allenavo in Cile, all'Everton de Vina del Mar. Non ho potuto fare niente. Si è ammalata, l'hanno portata in ospedale per le prime cure. Non l'ho più vista".

Le siamo vicini. Sensini, il covid ha cambiato il mondo. Come è cambiato il suo?
"Come quello di tutti. E' stato difficile rimanere chiusi, stare lontani dalle persone che amiamo, con le quali vorremmo passare del tempo. Ci siamo dovuti abituare alla distanza, alle mascherine, alla lontananza e a un'altra realtà. Ma ora sembra che il peggio sia passato. La gente però ha ancora paura". 

Il calcio è cambiato?
"Molto. E oggi possiamo dire che ci sono due stili: Guardiola e Simeone, per estremizzare. Chi vuole arrivare al risultato attraverso il gioco e chi bada più al sodo. Ormai si va verso queste due direzioni. Io ho allenato in Cile, all'Everton la mia ultima apparizione. L'ho notato anche lì. Mi hanno chiesto se volessi tornare ad allenare e ho colto la palla al balzo. Anche perché per quello che è il mio intento - tornare in Europa a lavorare - avevo bisogno di un'esperienza di cinque anni per abilitarmi anche all'estero. Ho raggiunto l'obiettivo e ora posso allenare in Italia, in Spagna. In Europa, insomma. Posso avere un'occasione se decido, un domani, di tornare". 

E qual è il suo calcio?
"Il mio calcio? Ho avuto una prima esperienza a Udine, è stata la migliore in panchina da quando ho smesso. Mi ero ritirato a dicembre, l'anno prima ci eravamo qualificati con Spalletti in Champions League e siamo usciti con il Barcellona. Ci bastava un pari per qualificarci come secondi. Abbiamo perso. E’ andato via Cosmi e la società mi aveva chiesto di fare l'allenatore ma non avevo il patentino. Pozzo mi aveva rassicurato. Il modo c'era: entrare nello staff di Domenichini. All’inizio è andata bene, ma poi strada facendo non siamo riusciti a convincere i ragazzi. Perché alla fine si tratta di convincere la squadra a credere il più possibile in quella idea di calcio. E' importante avere un'idea di calcio e crederci. Al di là dei moduli, conta il pensiero. Mi piace che le squadre giochino bene, ma l’obiettivo principale è il pallone. Prediligo sì un calcio di possesso, ma sono stato 17 anni in Italia e il primo obiettivo è quello di arrivare in porta con un passaggio verticale. Devi avere un’idea e convincere i giocatori che quella sia buona. Se non riesco a convincere i ragazzi, che sono i protagonisti, è complicato".

Allen2308-044-2Buffon e Sensini - foto parmacalcio1913.com

Come deve essere la sua squadra?
"Deve avere due difensori centrali che supportino l’azione e riescano a giocare anche lontano dalla propria area. Un centrocampista centrale capace di intercettare più palloni possibili e che sappia fare gioco. Bisogna rispettare le caratteristiche dei giocatori a disposizione. Il modulo perfetto non esiste. Io ho giocato a tre e a quattro in difesa. Se hai due terzini forti va bene la linea da quattro. Al Newell's Old Boys ho giocato con tre difensori, ad esempio. Mi piace il 3-4-3 come sistema di gioco, ma devi avere il tempo di lavorarci, oltre che i difensori bravi e il centrocampista che copre per sviluppare il gioco che ho in testa".

Le piace il Parma?
"Ho visto le immagini della partita contro il Perugia. Ho visto una squadra con grandi nomi, quadrata. Si vede che c’è molta qualità e che l’allenatore ha delle idee interessanti anche se è arrivato da poco e ha bisogno di tempo. Pecchia è bravo, ha già vinto il campionato di Serie Bcon Verona e Cremonese. Punta a tornare in Serie A con il Parma,  mi auguro che ce la faccia già quest’anno, anche se non sarà semplice".

C'è una bella colonia di argentini. Aiuta?
"Certo (ride ndc). C’è Chichizola che sta facendo bene, Lautaro Valenti che al Lanus era fortissimo. Franco Vazquez che ha delle qualità straordinarie. E poi c'è Gigi".

Buffon?
"Sì. L'ho visto motivato, l’ho visto bene. Ieri abbiamo parlato un po’, ho notato un clima molto positivo". 

Se lo aspettava ancora in campo?
"Nel ’95 non mi sarei mai aspettato che arrivasse fino a qui (ride ndc). Quella volta che ha giocato la partita contro il Milan... Quanti ricordi. Era così anche a 17 anni. Spensierato e allegro sempre. Se non hai quell’entusiasmo certe cose non le fai. Mi ha detto che si sente bene, che sta recuperando. Gli ho risposto: "Sei più magro di prima, come fai?". L'ho sentito davvero contento di stare al Parma, ha un nome da difendere ed è molto esigente con se stesso. Io vedo una buon capitano per una buona squadra, se a fine mercato faranno qualche altra cosa non lo so, ma secondo me sono a buon punto". 

E' arrivato anche Ansaldi. 
"Lo conosco, è cresciuto a Rosario nel Newell's. Ho visto un bel gruppo. Ci sono dei ragazzi forti. Siamo all’inizio e devi avere pazienza. La B è sempre dura, soprattutto per un tifoso del Parma che vuole arrivare primo a fine campionato ed è abituato a respirare altri climi e a vivere altri palcoscenici. Domenica saremo alla terza partita, è ancora presto per dire come finirà. Cagliari e Genoa mi sembrano più attrezzate per vincere, ma il Parma è il Parma. 

Tra i calciatori, chi l'ha impressionata di più?
"Dico Bernabé: si vede che ha molta tecnica, non solo intesa come qualità di palleggio, ma anche di saper vedere il gioco in velocità. In Argentina, come dicevo, Valenti ha giocato benissimo al Lanus. Era uno dei più forti. Da voi non ha avuto continuità ed è stato frenato da infortuni. Mudo è fuori categoria, la palla passa da lui sempre. Tanta roba".

E' dura vedere un Mondiale senza l'Italia?
"Molto. E' strano davvero. Un Mondiale senza Italia perde tantissimo. A Mancini è mancato il miglior Chiesa, Berardi non ha fatto benissimo in quel periodo. Quando perdi non si nominano le assenze ma se fondi una squadra su un gruppo e qualche individualità te ne rendi conto quando non si è al 100% o mancano dei giocatori importanti. E' così. Il calcio italiano per anni è stato un punto di riferimento per il mondo intero. In Argentina guardavamo sempre all'Italia come punto di arrivo. Oggi quell'Italia è l’Inghilterra, che ha molte cose in più rispetto a voi. La Spagna è rimasta lì, ma l'Italia sta soffrendo il ricambio generazionale. Non so se è una questione di diritti tv, di leggi, di politica. Prima, andare a giocare fuori dall'Italia era difficile. I più forti erano qui. C'erano Cannavaro, Thuram, Totti, Del Piero, Baggio, Ronaldo il brasiliano. Era la prima scelta. Passarella e gli argentini volevano sempre misurarsi con il calcio Italiano. Anche Maradona, ad esempio".

Maradona. Cosa è stato Diego?
"Tanto. Quasi tutto. Per noi argentini ci sarà sempre. Rimarrà sempre il giocatore migliore del mondo. Che ha fatto la storia e ha fatto vedere il calcio a tutti. Oggi c'è Messi, sì ma Diego - che ho avuto come compagno di nazionale - era un altro mondo e rimarrà nella storia del calcio. Per sempre". 

Se le dico Parma cosa le viene in mente?
"Io ho sempre molta nostalgia di Parma. Sono stato sette anni e mezzo qua. A Parma ho trovato quello che cercavo. Il Parma mi ha aperto la porta per diventare qualcuno, non solo nel calcio. MI ha permesso di vincere le Coppe, mi ha fatto crescere come uomo. Mi ha permesso di imporre la mia personalità. Attraverso il Parma ho dimostrato di valere lontano da casa. Nel '93 a novembre, quando sono arrivato, avevo voglia di crescere e di diventare qualcuno e il Parma mi ha dato questa possibilità . Mi piacerebbe tornare a vivere qua. Infatti sto mettendo a posto il mio appartamento. E un domani, forse, tornerò a Parma". Perché si torna sempre dove si è stati bene. 

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