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Giovedì, 25 Aprile 2024
Calcio

Scala: "In ansia per gli ucraini, mi hanno dato tanto senza avere niente"

L'ex allenatore e presidente del Parma ha vissuto tre stagioni tra Ucraina e Russia: "Mosca una delle città più belle, a Donetsk passeggiavo per le distese di frumento. Andavo a caccia da solo e per tutti ero il training: quanta passione"

Sono molto preoccupato, triste e deluso da tutte le situazioni. Si sarebbe potuto gestire meglio tutto, ma la diplomazia mi ha molto deluso”. Nevio Scala è stato un eroe anche da quelle parti. Dopo aver portato Parma e il Parma in giro per l’Europa, si è concesso il lusso - sulla cresta dell’onda - di esportare le sue idee in Ucraina (dove ha vinto un campionato con lo Shakhtar e una coppa nazionale) e in Russia. Fu una brutta stagione quella vissuta sulla panchina dello Spartak Mosca, ma quell’anno è rimasto nel cuore dell’ex allenatore e presidente del Parma.

Scala, ha notizie da Mosca?

“Non ho sentito nessuno. Leggo quello che succede dai giornali. E sono amareggiato. Quando ho vissuto lì non c’era nessun clima teso, zero venti di guerra. Politicamente non siamo mai entrati in conflitto con idee o programmi del Cremlino. Se devo descrivere quell’anno dico che è stato comunque meraviglioso e straordinario. Dal punto di vista della conoscenza e dei rapporti, intendo. La società dello Spartak Mosca non era nelle condizioni di gestire però la situazione complicata: tra brutti risultati e alcune magagne legate al doping, non è stato un bell’anno. Abbiamo cambiato tre presidente in sei mesi. Ma posso dire serenamente che Mosca è una delle città più belle in cui ho vissuto”.

A Mosca ci è arrivato passando da Donetsk. In Ucraina stanno vivendo ore di angoscia.

“La situazione è pesante, sono legato agli ucraini, popolo straordinario. Ho vissuto lì un anno e mezzo in maniera viva. Mi dispiace per la povera gente, a soffrire sarà sempre la popolazione povera. E questo è il risultato di politiche negative che rischiamo di pagare tutti a caro prezzo”.

Ha contatti con Donetsk?

“In queste ore non ho sentito nessuno. Il mio vecchio presidente Roman Akhmetov mi mandava gli auguri per Natale e per il mio compleanno. Poi ha smesso, forse ha problemi più importanti a cui badare. Ho scambiato dei messaggi con il mio capitano Anatoliy Tymoshchuk ma non ho avuto più tante notizie”.

Cosa pensa possa succedere?

“Sto ascoltando la tv e la radio. Sto leggendo i giornali, mi informo così, attraverso la stampa e attraverso la tv. Oggi è un giorno molto triste, si rimbalzano notizie negative e positive nel giro di un’ora. Non sappiamo cosa succederà, non conosciamo gli obiettivi di Putin e dove vuole arrivare. Ma la gente è spaventata”.

Ma quando lei ha vissuto lì non c’era nessun sentore di guerre imminenti?

“Quando c’ero io, nel 2002, ho vissuto bene. Ho vissuto in una grande città dove c’erano voci di separatisti che erano per Mosca, ma non c’era nessun vento di guerra né situazioni preoccupanti. Piano piano, nel corso degli anni, sono aumentate queste situazioni fomentate da stampa e da tv filo-russe. Mi spiace molto”.

Che ricordi conserva dell’Ucraina?

“Io ho avuto esperienze bellissime in Ucraina. Molta ospitalità sia da parte di gente ricca che da parte di gente molto povera. Ho fotografie che non posso dimenticare: devo ringraziare la gente umile che mi ha fatto vedere le realtà negative di un popolo pieno di dignità. Abbiamo vissuto il mondo del calcio e ci siamo sentiti dei privilegiati, ci siamo visti aprire dal calcio porte e portoni che nessun’altro mondo può aprire. Purtroppo abbiamo vissuto l’Ucraina in modo superficiale”.

Ci spieghi.

“Io andavo a caccia da solo, passeggiavo da solo per le distese di grano e girasole. Sa, sono un contadino e vivo molto il rapporto con la terra. Una volta l’Ucraina era chiamata ‘Il granaio di Europa’, con le sue immense distese di grano illuminava il territorio. Ho vissuto esperienze con gente che non aveva nulla eppure mi ha dato tanto. Tifavano Shaktar, per tutti ero il ‘trainer Shakhtar Donetsk’. Gente passionale, che ti faceva sempre sentire il proprio affetto. Allo stadio, quando ti incontrava per strada oppure quando ti regalavano i prodotti della terra. Erano poveri ma conservavano una grandissima dignità. Non li dimenticherò mai, spero per loro e per tutti che questa guerra finisca presto”.

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