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Cannavaro, parola di capitano: "Non è uno scherzo, questo virus fa paura"

Il capitano campione del mondo: "Voglio dire ai parmigiani che ne usciranno, gente gagliarda come loro ne uscirà: rispettate le regole"

Nella città di Canton il coronavirus non ha finito di minacciare i suoi abitanti. E’ sottocontrollo, così come nella provincia del Guangdong che ha donato 240 mila mascherine all’Emilia Romagna. La gente è tornata per le strade, seppure con tutte le precauzioni del caso. Chi l’ha vissuto prima non può dimenticarlo: malgrado sia sotto controllo il coronavirus resta comunque una minaccia. “In qualsiasi posto, che sia un ristorante o un negozio, un bar o una gelateria ti prelevano la temperatura corporea”. Fabio Cannavaro, l’allenatore del Guangzhou Evergrande, ha affrontato avversari di ogni caratura e spesso ne è uscito vittorioso. Affrontare il coronavirus è però diverso che giocarsela contro Ronaldo, Zidane e i vari assi a cui l’ex difensore del Parma ha dato filo da torcere. Per questo in piena lotta al nemico vuole mandare un messaggio che sprona Parma e tutta l’Italia a tenere altissima la guardia. “Ragazzi, state in casa – dice a ParmaToday.it – il virus corre veloce. In Italia c’è stata troppa superficialità da parte di tutti quanti. Si potevano prendere più precauzioni ed evitare tante situazioni. La mia famiglia è a Napoli, io sono qui in Cina, sono in pensiero per loro ma sono sicuro che osservando le regole credo che si tornerà alla normalità”.

Cannavaro, ci racconti un po’ la sua giornata.

“Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Alla sera vado a cena con mio fratello Paolo. Qui trovi gente in giro, all’ingresso del ristorante ti misurano la temperatura. Ci sono diversi punti igiene nei locali, non usano tanto i guanti e nei ristoranti hanno diviso un po’ distanziandoli. C’è ancora qualcosa da sistemare, ma la vita sta tornando lentamente alla normalità”.

Il Guangzhou è tornato ad allenarsi intanto.

“Sì, dopo la quarantena siamo andati a lavorare sul campo. E’ un po’ strano soprattutto all’inizio, quando ci siamo ritrovati con il mio staff avevamo tutti la mascherina,  c’era un po’ di paura. Sono arrivato il 22 gennaio in Cina ed è scoppiato il coronavirus, ho dato una pausa ai miei giocatori e ci siamo ritrovati a Dubai. Ho fatto 14 giorni di quarantena e siamo poi tornati in campo a lavorare normalmente”.

 Che cosa pensa della gestione italiana?

“In Italia c’è stata troppa superficialità da parte di tutti. Si potevano prendere più precauzioni, si sarebbero evitate un sacco di cose”.

Intanto si sta cercando di tornare alla normalità, programmando anche il ritorno in campo.

“Sì, ho sentito. Penso che in questo momento la salute debba avere la priorità. Non si può dire quando si potrà tornare a giocare, ci vorrà del tempo. La mia famiglia adesso è a Napoli, con un po’ più di attenzione si potevano evitare tante cose. La gente deve sapere che ci vuole tempo, non si può pensare alle date mentre tanti anziani stanno morendo. Mi sembra assurdo adesso pensare a giocare. Ci vorrà tanto tempo per tornare alla normalità”.

Com’è stato il ritorno in campo dopo la quarantena?

“Il fatto di dare stimoli ai miei giocatori per fare gli allenamenti. Quando non hai la partita è sempre difficile. Intanto alleniamo l’intensità, il virus è sotto controllo ma non sappiamo quando riprenderà il campionato”.

Come passava il suo tempo in isolamento?

“Facevo di tutto: essendo solo dovevo fare tutto io. Cucinavo, stiravo, facevo il bucato, leggevo e lavoravo, soprattutto alla sera al computer”.

L’Italia è sempre nel suo cuore. Tornerà un giorno?

“Certo, tornerò. Uno dei miei obiettivi è quello di lavorare in Europa, nel calcio europeo e chissà, un giorno anche in Italia. Intanto adesso sono qua, mi trovo bene qua e da cinque anni faccio l’allenatore, ho imparato tante cose, ho la mia fase difensiva e offensiva, ho la mia identità. Mi sento pronto”.

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Prima l’iniziativa benefica per la Croce Rossa, poi la lettera all’Italia. Si sente ancora un leader?

“E’ stata una mia idea che i Campioni del Mondo hanno condiviso assieme a tanti altri giocatori. Chi ha deve dare in questo periodo. Noi giocatori siamo visti sempre come dei viziati, ma le assicuro che non è così. Io voglio solo far passare il concetto di squadra, come quella che l’Italia intera è stata nel 2006. Siamo stati uniti e abbiamo vinto tutti insieme. Oggi come allora è fondamentale rispettare le regole. Non bisogna scherzare con queste situazioni, atteniamoci alle regole”.

Proviamo a parlare un po’ di calcio. Se le dico Parma?

“Mi riporta indietro nel tempo. Stiamo parlando della città che mi ha visto crescere calcisticamente. A Napoli ho iniziato, ma a Parma sono cresciuto e ho trascorso sette anni bellissimi, con giocatori forti con i quali abbiamo fatto cose importanti. So che Parma non se la sta passando benissimo. Voglio dire ai parmigiani che ne usciranno, gente gagliarda come loro ne uscirà: rispettate le regole. Parma mi ha mostrato sempre affetto, io ho giocato tante partite con la maglia del Parma e sono orgoglioso di aver scritto parte della storia di questa società”.

Si sente ancora con qualche ex compagno?

“Sono sempre in contatto con Benarrivo, l’altro giorno ho sentito Asprilla e Thuram. Io abito in Cina, è difficile mantenere i rapporti, tra una cosa e l’altra siamo sempre presi. Ognuno ha la sua vita, ma quando possiamo ci sentiamo sempre”.

Qual è la partita che le è rimasta più impressa?

“Ne abbiamo passate tantissime con quel gruppo. Abbiamo fatto cose straordinarie ma al di là delle vittorie, se devo scegliere dico quella con la Juventus. Eravamo con due uomini in meno, ma il gol di Crespo ci fece arrivare al pareggio. Le partite con la Juventus non erano mai facili”.

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