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Carica Ansaldi: "Vietato mollare, serve vincere e pensare come una famiglia"

A otto partite dal termine l'argentino fissa l'obiettivo: "Sabato comincia l'ultima tappa in cui bisogna dare tutto. Questa partita va giocata come se fosse una finale e le finali vanno vinte"

Cristian Ansaldi è uno che non perde il sorriso e soprattutto non si abbatte. Trova del positivo anche nella sconfitta di Como che ha allungato ulteriormente il tempo delle due settimane senza calcio. "Anche prendere gli insulti, qualche 'schiaffo' da parte dei tifosi ci serve per crescere - dice l'esterno in conferenza stampa -. Tutti sappiamo che in questa squadra c'è tanta qualità, ma dobbiamo curare i dettagli, la fame e la voglia. Ci manca questo, secondo me. Questo è quello che serve per far crescere questa squadra e riuscire a creare un'anima, pensando come una famiglia, facendo leva sull'unità che deve esserci nel gruppo. Sentiamo l'amore della tifoseria, anche quando prendiamo qualche insulto. L'amore e la passione per noi tifosi sono cose straordinarie. Sabato comincia l'ultima tappa in cui bisogna dare tutto e io mi alleno per dimostrare di poter essere utile alla causa". 

Una disamina che non fa una piega. Da un giocatore esperto come lui e con grandissima qualità ci si aspetta tanto. "La squadra sta bene e io pure. Ci manca qualche giocatore che è in giro con la propria Nazionale ma siamo consapevoli di dover affrontare otto finali. Questo è la mentalità del gruppo: il primo obiettivo da creare dentro quella che è una famiglia per affrontare un finale di stagione in crescendo. Sappiamo quanto è importante la partita con il Palermo, sappiamo quale è il nostro obiettivo. E sappiamo pure che questa partita va giocata come se fosse una finale. Le finali si devono vincere. Ho parlato tante volte con il mister, gli ho detto che può contare su di me quando e dove ha bisogno, posso giocare in tutti i ruoli. Il mister è il nostro leader, dobbiamo seguire lui e fare quello che ci dice. Io sono grato a lui perché mi ha chiamato, perché mi ha ridato la possibilità di tornare a giocare qui in Italia. Parlare di identità a marzo fa strano, è vero. Io che ho esperienza, che ho venti anni di carriera, dico che quando ci sono tanti giovani è complicato pensare come un giocatore fatto e finito. La nostra idea è quella di aiutare sempre. Come più esperti del gruppo sappiamo l'importanza che abbiamo dentro lo spogliatoio. C'è un bisogno reciproco e dobbiamo ricostruire l'anima per dare ai tifosi quanto meritano per la fiducia che ci stanno dando".

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