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D'Aversa trasforma il Parma e traccia la via per il futuro

Due punti persi, ma grinta, carattere e animo sono stati ritrovati. E il Parma adesso è una squadra

Bocca amara sputa fiele, scriveva Giovanni Verga ne ‘I malavoglia’. Probabilmente la sensazione di beffa l’avrà avuta anche Roberto D’Aversa al minuto 94’ di Sassuolo-Parma, durante una partita in cui il rivale-amico De Zerbi era stato imbrigliato con la solita maestria tattica che spicca in ogni confronto con i vicini di casa. Nel quinto incontro tra due allenatori non più emergenti ma in via di affermazione, chi ne è uscito peggio è ancora una volta il pluridecorato RDZ, rimasto intrappolato nella tela tattica che gli ha costruito intorno il rivale RDA, capace di bloccargli le vie laterali e mandarlo al centro dove lo sfogo è stato puntualmente chiuso dalla densità e dalla lettura preventiva delle linee di passaggio.

Mosse che non hanno consentito solo per un dettaglio piccolo, ma pesante come i due punti lasciati al Mapei, di centrare la vittoria. Ma la sua partita, D’Aversa l’aveva già vinta prima: ha presentato sul campo una squadra credibile, decisa, determinata e compatta, sprecona in certi momenti della partita, ma sanguigna, coriacea e dura come la corazza del suo allenatore, capace di ovviare agli infortuni che si sono susseguiti con un ritmo incalzante di quasi uno al giorno prima di ieri e che hanno fatto vacillare anche le certezze più profonde di Bob.

Ma nonostante tutto, il Sassuolo sembrava non poter segnare neanche con la matita, nella giornata delle assenze per il Parma, costretto a raffazzonare una formazione in piena emergenza. Nel giorno in cui il Parma ha riscoperto lo spirito di squadra, D’Aversa ha ritrovato la quantità di Brugman (inspiegabilmente in panchina nell’interregno di Liverani), la sostanza di Kurtic e i muscoli di Kucka, l'intelligenza tattica di Grassi, uno dei migliori, oltre che un’alternativa da tenere sotto controllo. Quel Daan Dierckx che ha giocato per caso ma ha messo la museruola a un cliente scomodo come Caputo.

Ciccio ne ha viste poche, complice la prova sorprendente del belga, il primo 2003 a giocare una gara di Serie A, il difensore più giovane a essere partito titolare nei maggiori cinque campionati europei, il terzo calciatore a esordire a 17 anni dopo Dessena e Buffon. Il belga è già nella storia, purtroppo alla sua gioia per il debutto e l’ottima gara, va accostata l’amarezza accumulata al tramonto di una partita già decisa. C’è lo zampino di un parmigiano, Ferrari, nella zampata con cui Busi ha macchiato la sua partita, a un passo dall’impresa. Quando la gloria era in tasca, D’Aversa se l’è vista scippare in maniera immeritata. Questa volta gli esteti del pallone non possono neanche attaccarsi ai numeri, perché il decantato possesso palla del Sassuolo ha superato quello del Parma di 2 punti in percentuale: 51% a 49%, ma più di questo spicca la prova di carattere offerta dai ragazzi di D’Aversa. Il simbolo della lotta, Kucka, ha firmato con il sangue (è il caso di dirlo, visto che ha colpito il pallone con il cranio aperto) il vantaggio. E il patto-salvezza: che riparte da lui, da Kurtic (malgrado le voci lo portino lontano da Parma) e da Gervinho (ieri sciupone ma sempre pericoloso). Sono queste le tre travi portanti del Parma, D’Aversa ha chiesto alla società di ripartire da loro. Loro, e la squadra, con le motivazioni a mille. La maestria tattica con la quale il tecnico ha apparecchiato al Mapei ha esaltato anche le eccellenze. Certo, le assenze pesano, ma bisogna sperare che il tempo curi qualche ferita, e il mercato porti gente affamata. Perché i due punti persi ieri vengano raccolti in fretta. Il Parma pareggia, ma porta a casa lo spirito ritrovato, oltre alla consapevolezza di essere ritornati a sentirsi una squadra.

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