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Ferrari: “Tante analogie tra Parma 2015 e Samp 2023”

Il Presidente di Nuovo Inizio intervistato dal Secolo XIX: "Anche in questo caso, l’impressione è che la priorità di FIGC e Lega sia la regolare chiusura del campionato più che l’effettiva tutela di club e tifosi"

La Sampdoria 2023 come il Parma 2015? A Genova, sponda blucerchiata, temono di dover ripartire dalla Serie D come accadde ai crociati. Sul Secolo XIX di oggi, in una lunga intervista a Marco Ferrari, Presidente di Nuovo Inizio, la società di imprenditori parmigiani che ha riportato il Parma dalla D alla A, si esaminano analogie e differenze tra le due situazioni, ripercorrendo la rinascita del Parma. Ne riportiamo gli stralci principali. "Da parmigiano e tifoso del Parma ho sempre avuto una simpatia particolare per la Samp - racconta Ferrari - Ero a Marassi nel 1991 quando i tifosi gialloblù avevano esposto lo striscione “A noi l’Europa, a voi la gloria... “. Ci sono tante similitudini, Paolo Mantovani e Ernesto Ceresini, lo stile della tifoserie... Motivo per cui sto guardando con attenzione quello che succede alla Samp".

Le analogie Parma 2015 e Samp 2023 
"Almeno tre. La prima, la situazione dei conti. Lasciamo sullo sfondo il trust, leggo di una situazione debitoria lorda di circa 170 milioni per la Samp, attesa da una stagione di B con ricavi poco significativi. Salvare oggi la Samp in B è un atto più di fede che imprenditoriale. Mi ricorda un pochino la nostra situazione. Il Parma era fallito a marzo 2015, e per un paio di mesi sembrava ci fosse la forte volontà supportata dalle istituzioni calcistiche del famoso salvataggio in B, rilevando il titolo sportivo, con l’abbattimento del debito. Ci sono stati tentativi, sembrava che fondi o imprenditori fossero dietro l’angolo, poi ci siamo svegliati un giorno con le aste deserte e la società fallita. Mi auguro che non sia così per la Sampdoria. Leggo che qualcuno sta lavorando per trovare  soluzioni. La seconda analogia riguarda l’atteggiamento in generale di istituzioni e mass media nazionali. Mi sembra  che la preoccupazione di tutti sia stata innanzitutto finire il campionato a 20 squadre, evitando strascichi legali con i detentori dei diritti tv. Fu così anche a Parma, mesi di sordina. Noi fallimmo a marzo 2015, ma i problemi li avevamo da prima. E anche la Samp non si trova in questa situazione da oggi. L’ultima analogia riguarda le tifoserie. Sono molto simili, civili,  hanno sopportato per tanto tempo cose molto brutte. Le istituzioni del calcio hanno rimproverato l’episodio dei fumogeni con il Torino, restando in silenzio sulle motivazioni che l’hanno generato. Fa un po’ sorridere".

Il progetto di Nuovo Inizio
"Da imprenditori del territorio abbiamo ritenuto fosse nostro dovere battere un colpo per la squadra della nostra città, mettendoci al lavoro per tempo. In quella fase cercai di fare da collante di un progetto a responsabilità collettiva, che coinvolgesse tutta la città di Parma. Innanzitutti alcuni tra gli imprenditori più rilevanti: Guido Barilla, Paolo e Pietro Pizzarotti, Giampaolo Dallara, Angelo Gandolfi, Mauro Del Rio, Giacomo Malmesi e io. Ci affiancarono centinaia di imprenditori locali, artigiani, semplici tifosi, con uno dei pochi esempi di azionariato diffuso in Italia ancora in piedi, PPC, che ha ancora l’1% della società. In D facemmo 11.000 abbonati. L’affiliazione era arrivata solo il 27 luglio, quando le altre squadre di D erano già in ritiro. Noi avevamo un solo giocatore in rosa: il capitano Lucarelli, che aveva dato la disponibilità a restare".

Il costo economico della risalita
"Non eravamo imprenditori calcistici e non volevamo fare business. Avevamo il ruolo di riportare il Parma nelle categorie di competenza per poi passare il testimone a investitori di lungo periodo che avessero capacità e volontà di investire. Negli anni tanta fatica, molto cuore e anche un bel po’ fortuna, la C vinta ai playoff e la B con un gol all’ultimo secondo. A oggi siamo l’unica squadra nella storia del calcio italiano che ha fatto tre promozioni di fila. Economicamente la D ci costò 1.7 milioni, la C che vincemmo ai playoff 7,5, la B 22 milioni circa metà dei quali di bonus promozione su cartellini e contratti. Il primo anno in A costo’ solo 8 milioni, ma la salvezza fu un capolavoro di Faggiano e D’Aversa. In assoluto in 5 anni abbiamo investito una sessantina di milioni, da una D a una dignitosa serie A. Per poi cedere alla famiglia Krause con zero debito bancario, fornitori e previdenziali. E impegni per circa 60 milioni su rate future dei cartellini calciatori interamente dedotti dal prezzo di vendita".

Marchio, tifosi e famiglia
"Chiamandoci con il nome della città per noi è stato più semplice, ci siamo denominati Parma Calcio 1913, che  abbiamo mantenuto. Per riacquistare il marchio, i trofei, i domini social, si può calcolare un mezzo milione. Se c’è qualcuno che ci lavora bene, in 12/15 mesi  torna tutto a casa. Abbiamo giocato la D con una maglia particolare e un simbolo scelto on line dai nostri tifosi. Nell’estate del 2016 abbiamo recuperato tutto. Quanto al titolo sportivo, la nuova società con la nuova matricola sarebbe l’erede della vecchia, non solo spiritualmente, ma anche per la Figc. La Sampdoria manterrebbe il suo posto nella classifica perpetua FIGC, importante per ripartizione diritti tv e ripescaggi".

Tra la B e la D
"Auguro con tutto il cuore alla Samp di farcela. Se c’è una possibilità legata alla ristruttuazione del debito con aumento di capitale, la si faccia in tempi brevi. Intervenire oggi è un atto di grande generosità, non speculativo. Ha però un senso se si è in grado di chiudere con il passato e di avere una squadra subito competitiva. Se invece si fosse costretti a riparture dalla D, mi auguro siano coinvolti i tifosi. La Sampdoria in D è una occasione imprenditoriale molto ghiotta e se guardiamo dove sono andate bene le cose dopo una ripartenza, Parma, Palermo, Catania... I tifosi sono sempre stati coinvolti con un ruolo da protagonisti".

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