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Il patto salvezza: giovani e vecchi uniti per il Parma

D'Aversa prima e Carli dopo hanno ribadito alla squadra l'esigenza di salvarsi

Invertire la tendenza, chiudere con il passato. Mettere un punto. Definitivo. E andare a capo, provando a ripartire. Il ritrovo a Collecchio dopo la giornata di riposo ha avuto come slogan questi argomenti, evidenziati ancora di più da Roberto D’Aversa, dopo la sconfitta nel derby con il Bologna per 3-0, che ha demolito ulteriormente il muro sgretolato di incertezze, al quale si poggiava il Parma. Chiamato a un’impresa. Servei compattezza, eliminando le incomprensioni di ogni tipo tra gruppo storico e quello dei nuovi arrivati (per nuovi si intendono anche quelli arrivati nel mese di settembre). Bisogna andare tutti verso un’unica direzione, per il bene del Parma. E questa direzione è chiaro debbano tracciarla i ‘vecchi’, che più di tutti devono sentirsi responsabili del momentaccio, per far capire ai nuovi che si esce tutti insieme da questa spiacevole situazione. Perché nulla ancora è perduto. Concetto ribadito prima da D’Aversa alla ripresa degli allenamenti a Collecchio, nel discorso alla squadra, rafforzato poi da Carli, che più di tutti si sente responsabile di una situazione che anche lui con le scelte ha determinato. Scelte che per ora non hanno pagato, né quelle di settembre, né quelle di gennaio. Scelte sbagliate, per adesso, visto che il campo non mente mai. Si avrà modo di parlarne a fine anno, adesso c’è da compiere un’impresa. Con il Parma, con il gruppo storico e quello dei giovani.

Il Parma si è diviso così in questo campionato strano, insolito e ancora governato dall’incertezza di un’epidemia che ha messo in ginocchio tutti i comparti. Il pallone paga la mancata fase di programmazione. Non a caso le squadre che hanno avuto maggiori difficoltà in questo periodo sono state quelle che hanno cambiato guida tecnica, che hanno rivoluzionato gli asset societari, dimostrando che in tempi così complessi voltare pagina definitivamente era un rischio. Lo ha capito il Parma, costretto dalle contingenze del tempo ad avviare un nuovo progetto tecnico tra mille incertezze, accompagnato da un’epocale svolta societaria resa necessaria anche dalla pandemia. Un momentaccio che porta in dote un mix pericoloso accentuato dalla difficoltà di gestire un gruppo che appare scarico, con la pancia piena. Quello storico, che fa parte del vecchio ciclo. E che ha scritto con Roberto D’Aversa le pagine più affascinanti della storia recente, sotto l’egida dei sette soci che hanno rifatto grande il Parma.

Problemi di compattezza per una squadra che deve tornare in fretta a essere tale. Inglobando anche i valori inespressi dei giovani, un cambio generazionale va assimilato con i tempi giusti. Ma è proprio il tempo che manca. La potenza di fuoco di Kyle Krause è stata spenta da numeri che non testimoniano certo a suo favore, in un processo che vede la squadra – tutta – sul banco degli imputati. Il presidente americano ha speso, non bene per il momento, ma ha speso, dimostrando che la voglia di investire c’è. Ed è tanta. Bisogna sperare che non svanisca, visti i risultati. La presenza costante a Collecchio del figlio Oliver, che ha scelto in prima persona qualche giovane profilo, significa che il Parma ha un ruolo importante per la famiglia. A proposito di Oliver, è in contatto diretto con lo scouting del Parma, a lavoro attraverso video per la raccolta di informazioni sui calciatori. E’ importante la figura di un data analyst, vale a dire lo studioso dei dati, che relaziona poi sulla raccolta la dirigenza. Su questi dati si  basano alcune scelte di mercato, di questi tempi con gli stadi chiusi anche i numeri diventano importanti nella scelta dei profili fino a qui non fortunata. Questo deriva sicuramente dal fatto che il Parma ha una proprietà americana e questo ruolo è centrale negli sport a stelle e strisce.

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