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La firma sulla rinascita: da Lanciano a Parma, Conti ritrova D'Aversa

La storia di un predestinato: Lecco e via Cavour, lo sgambetto alla compagna e il soprannome che si è guadagnato da giovanissimo. Le stelle (con l'Atalanta) e la polvere (gli infortuni), con la voglia di rivincita

Nella vita di Andrea Conti ci sono diversi fili conduttori, che se annodati per bene riportano a galla la storia di un predestinato, a cui avevano annunciato appena nato – ma per davvero – il suo destino. Fu un medico, il dottor Ciro Minervini non un mago, a fare da oracolo, quando al Manzoni di Lecco nasceva Andrea. Farà il calciatore, aveva detto al padre Fabio, che calciatore era stato a sua volta, chiudendo la carriera in basse leghe, senza aspettare il treno sul quale sarebbe salito il figlio qualche anno dopo. Il treno che ha rischiato di deragliare, a causa di diversi problemi fisici che lo hanno tenuto fuori dal mondo del pallone, pur essendoci dentro. C’è chi dice che ci è finito troppo presto, chi invece che non aveva il fisico per reggere né carichi né pressioni, che forse si sarebbe dovuto fermare prima di arrivare in altissimo. Basta pensare che a Lanciano, il giovane Andrea si era guadagnato il soprannome di cannolicchio, lì nell’Adriatico di pesce ne sanno parecchio e l’esile fisico di Andrea, lungo e stretto, richiamava alla memoria quel crostaceo con la corazza fragile ma dal sapore straordinario.

Andrea in effetti è stato straordinario da subito, dal Perugia, passando per il Lanciano con il quale è salito di categoria facendo la conoscenza dell’allenatore che più di tutti lo ha voluto a Parma. Roberto D’Aversa ha speso ore al telefono per convincerlo, per convincere tutti che sarebbe stato l’uomo adatto alla ripartenza. L’allenatore abruzzese tende spesso a fidarsi di gente che conosce, Conti l’ha praticamente allevato lui, svezzandolo e lanciandolo nel calcio che conta. L’Atalanta ha fatto il resto. Prima di arrivarci il suo mondo era tra Lecco e la piazza della città, al massimo via Cavour, dove appena può torna per frequentare il suo solito giro. Quello di sempre, che va al di là del pallone. Composto da gente che più o meno ha frequentato la sua scuola, Ragioneria. E’ sempre stato puntuale, Conti, è sempre stato più affamato degli altri. Tanto che un giorno, la maestra lo rimprovera perché sgambetta una compagna. Motivo? Vouole consegnare il compito in classe prima di lui. Non ha mai accettato di arrivare secondo, nemmeno nelle partitelle in giardino con il fratello Luca.

Esordisce ufficialmente in maglia Lecco, la squadra della sua città, il giorno del suo ottavo compleanno. Predestinato. Segna due gol, contro il Merate, rifiuta una volta il Milan prima di accettarlo da grande. Per colpa degli aerei che volano su Linate. Dove c’era il campo in cui avrebbe dovuto sostenere un provino. Le traiettorie che solcano il cielo danno fastidio al giovane Andrea, che declina l’offerta rossonera e accetta quella dell’Atalanta, da sempre agile e scattante quando si parla di profili interessanti sin da giovani. Il resto della storia, Andrea l’ha scritta a Bergamo, rischiando di rimanere schiacciato dal Milan e da infortuni che avrebbero fatto vacillare chiunque. Ha vacillato anche lui, ma la convinzione di tornare è stata più forte dopo la lesione al legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro nel settembre 2017 e il forte trauma contusivo allo stesso ginocchio nel marzo del 2018, più l’operazione al menisco. Ed eccoci qua, Andrea è tornato Conti, si spera quello dell’Atalanta, quello dei gol a raffica, delle sgroppate e degli inserimenti. Il campo lo dirà, come sempre, ma aver incontrato l’allenatore che lo ha allevato – forse – potrebbe liberarlo dal punto di vista mentale. A proposito di fili conduttori, questo è uno di quelli che serve per capire il valore di un ragazzo che al Parma deve rinascere. Per chiudere il cerchio del predestinato.

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