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Martedì, 23 Aprile 2024
IL TEMA

La mano di Pecchia nel Parma che cresce

L'allenatore ha dato un'impronta riconoscibile. Adesso la squadra gira e sa pure reagire

L'idea di partenza è sempre quella: pressione, riconquista del pallone e ripartenza. Dai tempi del suo Foggia, Fabio Pecchia è uno che pensa in verticale. Il bel gioco è da costruire, prima bisogna vincere le partite e per un allenatore pragmatico come lui questo principio è alla base del suo calcio. Applicazione e voglia di migliorarsi hanno accompagnato questa parentesi in crociato e, a quanto pare, il pacchetto è valso la riconferma ancora prima dell'exploit contro il Cagliari. Era scritta nelle parole di Krause, sintetizzabili in un 'comunque vada, avanti con Pecchia'. Al Parma, l'avvocato di Formia sta mostrando il lato pratico di un progetto che tante volte ha rischiato di naufragare ma che è rimasto a galla grazie anche al principio sul quale fonda il suo calcio. E che si rispecchia in campo: il modulo può anche subire delle variazioni minime, senza prescindere mai dalla difesa a quattro, ma ciò che non cambia è il diktat che vi è alla base e che ha portato - nell'ultimo scorcio - il Parma ad arrampicarsi fino al quinto posto con vista sul quarto, lontano due punti. 

Pecchia è arrivato in città con il timbro di un vincente. La scorsa stagione ha fortificato questa convinzione comune grazie all'approdo in Serie A con la Cremonese: in grigiorosso ha scritto una pagina importante di storia, dato che nessuno in 26 anni era riuscito a riaffacciarsi nel massimo campionato alla guida del club di Arvedi. In questa stagione, pur con i tanti problemi accusati fino a un mese fa e riconducibili sia a un organico meno affidabile del previsto che a qualche scelta tecnico-tattica discutibile, Pecchia sta traendo il meglio dal suo Parma. Il quinto posto è stato agganciato sullo slancio di un calendario che adesso vede la sua squadra affrontare avversari meno blasonati sulla carta. Niente più big. Questo non vuol dire che le insidie siano finite e tutto sia in discesa. Però alla fine, a furia di cercare questa identità, di portare avanti questo percorso di crescita, i sincronismi si stanno vedendo tra i vari reparti e la Serie A (senza mai nominarla forse per paura di non poterla raggiungere) non è più un'utopia. Non poteva certo esserlo per una società ambiziosa come il Parma, che attraverso i suoi dirigenti e del suo allenatore si è sempre nascosta dietro a concetti astratti come identità e competitività. Qualcosa sembra davvero essere cambiato. A centrocampo Pecchia è riuscito a incanalare nei suoi schemi il talento di Bernabé e il fosforo di Estevez. Davanti, dopo aver rifiutato la mano tesa del mercato che gli avrebbe portato in dote una punta di peso, ha fronteggiato la mancanza di Charpentier e Inglese con il gioco corale e la disponibilità  (come era nelle intenzioni di Maresca) di Vazquez come centravanti. Sabato contro il Cagliari il gioco si è impennato grazie anche allo spunto di Man, entrato finalmente bene a gara in corso, e all'estro di Camara. Ma c'è anche la cultura del lavoro che Pecchia, da professionista, sta infondendo alla sua squadra. Così il sorpasso in classifica ai danni del Cagliari si prospetta come un trampolino per crescere ancora. 

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