La ricetta di Pecchia per il primato: qualche dogma e gioco flessibile
Massima applicazione, tutti coinvolti: così il tecnico ha forgiato il gruppo in nome dell'equilibrio e con pochi proclami
Il 3-2 di Venezia non è stato un trauma. Fabio Pecchia e i suoi, con la vittoria di venerdì sera al Tardini contro il Como, hanno trasformato la sconfitta in un incidente di percorso. Roba che può succedere in un percorso lunghissimo come la Serie B. Il ko non ha lasciato scorie e chi pensava potesse compromettere la stagione smontando le certezze acquisite in questi 15 mesi di lavoro, si è sbagliato di grosso. Sono passate solamente due settimane e il Parma non solo è sopravvissuto, ma è tornato a fare la voce grossa con autorità. L'avvocato di Formia ha tenuto la barra dritta, compattando ancora di più i suoi uomini, quelli rimasti a Collecchio nelle ore successive allo scivolone, persuadendo tutti di dover convivere con la sconfitta, edulcorata anche dalla Lectio Doctoralis di Carlo Ancelotti in quei giorni di sosta per le Nazionali. Carletto si è rivelato una specie di mental coach per l'allenatore del Parma, un rianimatore con concetti che Pecchia ha messo nero su bianco per poi catapultarli e trasferirli al gruppo. La metodologia ancelottiana ha fatto comodo per gestire lo spogliatoio. Alla base c'è stata la compattezza del gruppo: è il primo comandamento per vincere.
La squadra sta ripagando con fedeltà e alla base del successo (per ora solamente temporaneo) c'è la totale fiducia che società e giocatori ripongono nel nuovo corso targato Fabio Pecchia. Da qui in poi si possono snocciolare teorie tattiche che, senza questa premessa, non reggerebbero. E che adesso mostrano un Parma aggressivo all'inizio, gestore dopo il vantaggio e cinico quando serve esserlo. Una macchina quasi perfetta che Pecchia, però, vorrebbe funzionasse ancora meglio: "Avremmo dovuto, forse, cercare il secondo gol con maggiore insistenza - dirà l'allenatore nel post partita - ma davanti avevamo una squadra che aveva degli attaccanti con diverse presenze in Serie A. Sapevamo di dover soffrire. Pensare di giocare con il ritmo mostrato nel primo tempo tutte le partite... Ci stiamo attrezzando". Il calcio di Pecchia è abbastanza variabile, non è ancorato a posizioni fisse. Il suo 4-2-3-1 è modellato su aggressione e verticalità, compattezza e mira a coinvolgere dentro al gioco veramente tutti. Si spiegano anche così i 20 gol in 10 partite con nove marcatori diversi e un ritmo di due a gara. Nessuno meglio di lui in Serie B. Un gioco d'attacco sì, ma che poggia su una parola chiave: equilibrio. Nella fase di transizione passiva, il Parma sa ricompattarsi velocemente mostrando un'organizzazione che costringe l'avversario, chiunque esso sia fino a questo momento, a rimanere con il pallone tra i piedi più del dovuto perché non trova il riferimento. E a quel punto intervengono i pressatori di Pecchia che si fiondano con rapidità sul portatore per verticalizzare immediatamente. Si cerca la punta (Bonny, Colak, ora anche Charpentier) che dia aria al gioco e smisti il pallone lateralmente in attesa dei rinforzi, o si punta sulla corsa prorompente di gente come Sohm, bravissima a ribaltare l'azione. E quando il piano non riesce il blocco torna compatto dietro a un 4-1-4-1 che serra le linee e copre il campo. Non è un caso che il Parma non abbia preso gol nel primo tempo in 9 delle 10 partite disputate in questa Serie B. L'eccezione è stata il 24 settembre in casa contro la Sampdoria. Che, al pari della sconfitta con il Venezia, può considerarsi un incidente di percorso.