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Longobardi si riprende il Parma dopo 100 giorni: dal boato al... pianto

Quando si è alzato dalla panchina per un timido riscaldamento, lo stadio ha scandito il suo nome in maniera forte. Quando ha segnato è esploso. Dopo tre mesi, Longo è tornato a sorridere

Dal nostro inviato 

PARMA - Partiamo dalla fine, una fine che segna di fatto un nuovo inizio, l'ennesimo in questa stagione di rinascita. Il pianto di gioia, la commozione di un uomo che riparte e si rialza dopo essere caduto. Un boato è un nome che si leva dalla Curva Nord, dallo stadio intero. La storia di Christian Longobardi, del Parma e di Parma è un racconto di simbiosi e di unione di intenti, una storia che quasi commuove perché talmente è forte e solido il legame che si è creato che viene anche difficile spiegarlo. E nemmeno Longobardi riesce a capire le ragioni di questo smisurato amore che la Curva, la città, gli riversa addosso ogni qual volta si muove con o senza palla. Chissà se il day after va via liscio, chissà se ci pensa o ci ha pensato. Sicuramente ci ripenserà tante altre volte, perché dal momento che ha toccato quel pallone, al minuto 87', su assist di Miglietta, ha scritto una nuova pagina in quel libro che è la sua vita, che si interseca inevitabilmente anche con quella del Parma, sua nuova casa. Un tiro non irresistibile, ma il fatto di essersi trovato li, nel posto giusto al momento giusto, vuol dire tanto. E vuol dire ancora di più quel pianto di gioia, quella commozione e quella gioia condivisa con tutto il gruppo che gli è montato addosso, quasi a volerlo proteggere da così tanta emozione, quel gruppo che lo ha fatto sentire importante e che lo ha sostenuto anche nei momenti difficili. Movimento, tiro e gol, mani in faccia e poi una felicità immensa che lo ha portato ad accasciarsi perché chissà quante cose avrebbe voluto fare in quel momento, forse una corsa fino alla Nord che si trovava dall'altro lato, ma talmente grande è stata la soddisfazione che lo ha pervaso che lo ha 'bloccato' li, vicino alla bandierina del calcio d'angolo, a pochi passi dalla zona in cui aveva scaraventato il pallone dietro alle spalle di Clede. Il quinto gol in stagione, uno in meno della coppia Guazzo-Musetti, con 100 giorni in meno sul campo... . Quando per la prima volta Galassi e Minotti ci hanno parlato, in quel bar di Cesena, dove lo conoscono tutti, veramente si è vista l'umanità e la disponibilità di un giocatore che è l'esempio per tutti i compagni, per tutti i giovani. E se è stato scelto, di sicuro hanno avuto un certo peso le credenziali dell'uomo. Oltre che quelle indiscusse di calciatore. E hanno avuto ragione, Minotti e Galassi, anche quando hanno deciso di non intervenire sul mercato, perché l'attaccante lo avevano già in casa. Partendo dalla fine, dal perone saltato e dalla riabilitazione, dalla ferocia con cui ha attaccato il periodo di stacco forzato, fino alla forza d'animo che gli ha permesso di entrare in campo più 'cattivo'. Longobardi è tornato, anzi c'è sempre stato.

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