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Parma, addio sogni di gloria: è stato un fallimento

Stagione complicata: a nulla è servito l'esonero di Maresca e l'abbandono di un progetto senza fondamenta. La squadra non ha reagito e ha detto addio all'obiettivo minimo dei playoff con tre gare d'anticipo

Con tre giornate d'anticipo, il Parma è stato piantato in asso anche dai numeri. Adesso ha l'aritmetica certezza di non poter raggiungere più i playoff, obiettivo minimo di una stagione, un'altra, che si è rivelata essere un fallimento. E che potrebbe concludersi con un altro cambio in panchina. Sembra che anche a Beppe Iachini venga dato il ben servito a fine campionato. Sul tecnico peserebbero il mancato raggiungimento dei plyaoff e uno stile lontano anni luce dai gusti di Krause. Eppure la stagione del Parma era cominciata sotto i migliori propositi cancellati da una realtà che vede il club di Krause - squadra costruita per vincere e lasciarsi alle spalle immediatamente questa categoria - al 13esimo posto, un punto sopra il Como e lontano ben dieci dall'ottavo posto, la stagione crociata ha preso una brutta piega. La partita contro l'Ascoli ha definitivamente calato il sipario sulle speranze del Parma, costretto a riprovarci l'anno prossimo quando, spera Krause, i suoi dirigenti avranno assorbito conoscenze in più in materia di Serie B. Perché probabilmente si ripartirà dalle stesse figure che quest'anno erano ai vertici dell'area tecnica. Salvo clamorosi retroscena, KK affiderà ancora pieni poteri al Managing Director Sport Javier Ribalta e al suo braccio destro, con la speranza che la fortuna gli sorrida.

"Capisco la preoccupazione dei tifosi - aveva detto il 29 aprile di un anno fa Ribalta - ma la stagione verrà affrontata con le massime garanzie. Ho visto più partite di Serie B che di Serie A. Proveremo a fare una squadra molto competitiva, che però non ci condizioni troppo negli anni successivi". Con questi propositi ricchi di speranza, lo spagnolo si presentava nella sala stampa del Tardini. Viso disteso, volto felice incastonato in un contorno di buone intenzioni. Dopo neanche un anno c'è spazio solo per espressioni corrucciate, delusione e frustrazione (sportiva, si intenda) per non aver raggiunto i risultati fissati nell'agenda.

L'ultimo atto è il saluto all'obiettivo minimo dei playoff con tre giornate d'anticipo. A causa di una serie importante di passi falsi, il Parma non ha soddisfatto le attese: 10 sconfitte, 5 in casa, 15 i pareggi. Troppi per riportare il club in Serie A. Il fallimento crociato però ha tante ragioni: oltre che nella mancata esperienza da parte di dirigenti e proprietà, la debacle sta anche nell'immediata conseguenza: la scelta di calciatori che - a loro volta - non conoscono la categoria. E tutti gli addetti ai lavori, dai direttori sportivi agli allenatori che hanno sfidato il Parma, hanno indicato l'esigenza di disporre di una serie di calciatori avvezzi a certe battaglie per vincere il campionato. Ma molti elementi del Parma provengono da altri Paesi, per tanti altri è stato il debutto in cadetteria. Un mix dettato dalla filosofia presidenziale (che mira il più possibile a responsabilizzare e valorizzare giovani di belle speranze) e dalle scelte dell'area tecnica (Schiattarella, ad esempio, preso per evitare che finisse al Monza e rinforzasse una diretta concorrente...). E anche un conoscitore della Serie B come Ribalta sarà arrivato alla conclusione che questa strategia (messa in atto all'inizio della stagione e poi cestinata da un esonero e dal cambio di rotta in chiave mercato) andrà rivista per evitare gli errori che hanno condizionato il cammino della squadra, incapace di rispondere alle richieste di due allenatori diversi.

Ma una società che può permettersi un monte ingaggi di 32 milioni di euro non può trovarsi a tre giornate dal termine al 13esimo posto in classifica, con un punto in più del Como neo promosso in Serie B e lontano dall'ottavo posto dieci punti. Obiettivamente sono tanti e nessuno si immaginava di trovarsi così indietro quando questa squadra è partita prima ancora di essere ricostruita dalle ceneri di una retrocessione dolorosa, firmata da venti punti e un ultimo posto che ha marcato la prima esperienza di Kyle Krause nel mondo del calcio.

Un'esperienza sicuramente dispendiosa. Da quando Krause ha rilevato le quote di maggioranza del club, ha inanellato diversi insuccessi, purtroppo per lui. E ogni punto (65 in totale) gli è costato 3,1 milioni di euro (a fronte dei 202 immessi nel club). Non poco: nella sua vita piena di successi professionali è stato formidabile a creare un impero, ma per il magnate americano il Parma ha fruttato davvero poco. Le sue scelte, in materia di uomini, non hanno portato a nessun risultato. A stagione in corso a nulla è servita la separazione dal Managing Directore Corporate, Jaap Kalma. Non sempre un grande curriculum serve per poter avere successi anche nel calcio. 

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