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Il Parma sconfitto esce tra i fischi: da martedì testa ai play off

La squadra di D'Aversa si sgonfia e atterra su una durissima realtà

E’stata una bella impresa quella del Parma: due punti in tre partite contro Forlì, Mantova e Fano non è roba da tutti. Perché, diciamoci la verità, neanche Daniele Faggiano ci crede quando dice che non pensava di fare un sol boccone di queste squadre che, con tutto il rispetto, vivono perennemente nella parte sinistra della classifica. E complimenti a loro, perché l’impresa quasi l’hanno fatta loro, anche se molto devono a un Parma che non riesce più a uscire da un tunnel nel quale sembra essere entrato in maniera pericolosissima. Una squadra senza più fame che sta perdendo inesorabilmente pezzi di quella credibilità che si era ricostruita in pochissimo tempo dopo l’azzeramento totale operato dalla proprietà. Confusa da non riuscire a trovare una spiegazione a quello che sta accadendo perché davvero, l’impresa di fare due punti contro Forlì, Mantova e Fano ha davvero incredibile.

Per giunta se aggiungi il fatto che due di queste (Forlì e Fano) le ha giocate in casa, davanti a un pubblico che ti ha spinto per 100 minuti, beh, allora fatichi veramente a crederci e ti viene naturale deporre le armi e alzare bandiera bianca, firmare una resa e passare al turno successivo. Il Parma ha messo a nudo tutte le sue debolezze, mostrando di non poter fare a meno di certi giocatori. E che certi giocatori, a loro volta, senza altri, diventano normalissimi. Vedi Scozzarella che da quando ha perso i fidi scudieri Scavone e Munari non è più irresistibile, non è decisivo e si è azzerato a tal punto da far rimpiangere anche il suo acquisto. I tifosi sono umorali, va detto, ragionano con la pancia e non possono giustamente accettare una sconfitta in casa contro un Fano che, con tutto il rispetto, è tornato a casa a piedi dopo l’impresa come sacrificio per l’altare del dio pallone. A proposito di Munari: Gianni manca da Salò (è uscito al ventesimo del primo tempo) e il Parma senza di lui ha segnato 2 gol in otto tempi. Questo per sottolineare la fatica che una squadra fa nel fare gioco.

Con Giorgino, uno che giocherebbe titolare in moltissime squadre, la storia è diversa perché lui è puramente agonismo, non può avere lo stesso peso di Munari che, ad esempio, sul rinvio del portiere, o la prende o ti dà fastidio e non te la fa prendere. Si bypassa un reparto con il ritorno dei lanci lunghi vecchia maniera, perché Scozzarella viene marcato e diventa prevedibile nelle trame, perché nessuno lo sgrava da compiti difensivi e perché le mezz’ali non ‘gli guardano le spalle'. E anche domenica è successo, con Scavone in campo ha usufruito di qualche impegno in meno senza palla, ma pure ha dovuto convivere con la doppia marcatura di Bellemo e Filppini.

Gli esterni non hanno spinto, la scelta di affidare ancora a Scaglia l’out di destra (il suo ruolo) non è stata fortunata. Ma, costretto da un Calaiò a mezzo servizio che D’Aversa ha rispolverato solo nel secondo tempo, con la speranza di raddrizzare una baracca pericolosamente in rovina, il Parma si è trascinato sui passi impacciati dell’ex Latina che non è stato brillante. Meglio come terzino. Va detto che il Parma ha collezionato ben quindici occasioni da gol, sviluppando una trama magari non lineare, ma riuscendo con l’impeto a colpire (a salve) il portiere del Fano. Ma se non realizzi almeno un paio di queste quindici occasioni, non ti resta che prendere la coda rintuzzarla tra le gambe, girarti e accettare i fischi di uno stadio che per la prima volta nell’era D’Aversa ha risposto stizzito alla prova dei suoi beniamini. Che hanno compiuto una bella impresa…

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