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Il Covid, gli infortuni e Il Parma come seconda casa. Inglese: "Voglio risorgere"

L'attaccante crociato si racconta in esclusiva: "E' stato un periodo bruttissimo, ma adesso ho fame di tornare quello di un tempo. Liverani è un grande tecnico, il mio sogno è la Nazionale"

C’è gente che conta i giorni, c'è un annus horribilis da lasciarsi alle spalle. Roberto Inglese magari sarà anche tra questi, ma è sicuramente più tra quelli che abbandonerebbe definitivamente il ricordo dell’anno passato. “L’infortunio mi ha dato una batosta – dice in esclusiva a ParmaToday.it –. E’ stata una stagione negativa”. La faccia è sempre quella del bravo ragazzo, l’amico della porta accanto. Limpida, lascia trasparire una grandissima voglia di rivalsa. Il sorriso è tornato quello dei giorni migliori,  resta il solco di momenti bui e una luce che in fondo abbaglia per la sete di rivincita. Contro il destino che spesso gli ha sbarrato le porte della gioia piena, riservandogli sfide su sfide, alle volte anche difficili da superare. Adesso Inglese, per tutti è rimasto sempre e solo Roberto, ha solamente fame di addentare quel pasto che il fato gli ha portato via e non vede l’ora di rituffarsi nel campionato.  

Inglese, come sta?

“Diciamo che ho ancora un po’ da lavorare, dopo un mese di ritiro  ero partito bene. Ma dopo la prima giornata mi sono fermato per tre settimane, tra l’infortunio al polpaccio e il Covid. Ho perso un po’ la forma fisica che piano piano sto ritrovando. Ho bisogno ancora di un po’ di tempo per essere al top, ma dopo quello che ho passato l’anno scorso mi sembra il minimo”.

Ci racconti la sua esperienza con il Covid.

 “All’inizio ero un po’ scettico sul Covid, devo dire la verità. Ma dopo che l'ho provato sulla mia pelle posso dire che è veramente una brutta bestia. Ma non solo per i sintomi, la febbre o quello che genera. Ti butta giù a livello fisico. Un atleta di 29 anni come me che non aveva la forza di alzarsi dal letto al mattino la dice lunga. Figurarsi quando capita a una persona anziana o comunque con difese immunitarie più basse. Adesso ho capito cos’è. Bisogna prenderla sul serio, tutelando le persone più deboli, non c’è niente da scherzare:. Bisogna rispettare le poche regole e comportarsi nei modi giusti.

Erano giorni lunghi?

“Nella sfortuna ho avuto la fortuna di abitare con Jacopo Dezi e di condividere il periodo con lui. Devo dire che il tempo è volato: tranne nei primi 4, 5 giorni in cui siamo stati  male e non potevamo allenarci, tra Play Station e attività fisica siamo riusciti a occupare la mente. Abbiamo avuto la fortuna di allenarci con gli strumenti che la società ci ha messo a disposizione, cyclette e tapis roulant. Per fortuna è passata”.

Una curiosità.

"Prego".

Chi è più forte tra lei e Dezi alla Play Station?

“Jacopo è più forte, lui ci gioca sempre (ride ndc). Io solo quando sono costretto a stare chiuso in casa”.

Inglese, che periodo della sua carriera è questo?

“E’ un periodo in cui devo risorgere, sono onesto. A Parma era arrivato un giocatore forte, formato, passato dalle stelle alle stalle. Ero nel periodo migliore, ambivo alla Nazionale, ma una serie di tragici infortuni ha minato tutte le mie certezze sia a livello fisico che mentale, come è normale che accada a tutte le persone e i calciatori. Adesso ho bisogno di riacquistare quelle certezze, soprattutto a livello fisico. Il mio obiettivo è quello di allenarmi, giocare il più possibile. Solo così tornerà la forma migliore. I numeri poi sarannoquelli di una volta, ne sono certo”.

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Facciamo un passo indietro. Se le dico Davide Nicola?

“Un allenatore che mi ha dato fiducia. Ha segnato la mia prima esperienza tra i grandi, prima di allora avevo lavorato solo con Di Francesco ma ero a Pescara, a casa mia. Nella prima grande esperienza fuori casa mi serviva fiducia, Nicola mi ha aiutato a crescere tanto. Aveva il tempo di farmi migliorare e di inserirmi in un contesto che all’epoca era la Lega Pro, diverso rispetto a quello da dove venivo. Devo dire che mi ha aiutato tanto a livello mentale. Il primo a farmi credere nelle mie potenzialità. A 17, 18 anni quando vai via di casa è normale che bisogna sentire la fiducia della gente che ti circonda. E lui me l’ha data”.

Com’è il suo rapporto con Fabio Liverani?

“Dobbiamo ancora conoscerci bene. Da quello che vedo è un grande allenatore, ha idee diverse rispetto al passato, ma è normale. Ognuno imposta il lavoro secondo i suoi ideali. Ha portato innovazioni, ci stiamo conoscendo”.

Come è cambiata la gestione?

“Stiamo provando a impostare un po’ di più il gioco e ogni cambiamento naturalmente richiede tempo per essere assimilato. E’ un periodo un po’ così, lavorando al completo cerchiamo di migliorare e giocare come sappiamo. Prendendo il nuovo sulla base del vecchio”.

A proposito di vecchio: D’Aversa l’ha voluta a tutti i costi, cosa vi lega così tanto?

“Con il mister c’è un rapporto che va al di la del calcio, un rapporto facilitato dal fatto che veniamo dalla stessa terra e ci capiamo. E’ stato l’ unico allenatore che ho sentito più vicino umanamente nella mia carriera. Come un fratello maggiore, con cui spesso mi sono confidato e confrontato. Abbiamo parlato di tutto”.

Ci indichi tre momenti indimenticabili della sua carriera.

“La vittoria del campionato a Carpi, il primo gol in Serie A (il 2 novembre del 2015, contro la Samp nella partita finita 1-1 ndc) e la chiamata in Nazionale”.

Ci indichi un momento della sua carriera che vorrebbe cancellare.

“Sicuramente l’infortunio dell’anno scorso, mi ha dato una batosta incredibile. Nella mia carriera mi sono sempre rialzato, dopo gli infortuni tra caviglia e flessore così gravi e ripetuti a distanza di pochissimo tempo ho fatto fatica. Vorrei cancellare tutto l’anno scorso, diciamo così. E’ stato il periodo più brutto della mia vita”.

Sente ancora la responsabilità – a fronte dell’investimento fatto dal Parma – di dimostrare il suo valore?

“Le dico questo: credo che se ad una società, ad un calciatore o persona qualsiasi nella vita venga attribuito un determinato valore è perché qualcosa ha dimostrato. Prima di venire a Parma, anche nel primo anno di Parma, diciamolo, ho dimostrato di essere un attaccante forte. Pensavo di meritarmela quella chance. Erano tutti contenti di quell’investimento ed ero io felicissimo di essere tornato a Parma. Senza quei problemi fisici saremmo stati tutti più felici. Sono convinto che, se dovessi tornare quello di una volta, non ci sarebbero questi discorsi. Non la vivo come una responsabilità. Quel valore era giusto per me, c’erano tante squadre che mi seguivano ma io son voluto tornare qui perché mi sentivo a casa. E’ normale che nella vita gli episodi brutti ti cambiano ma da lì bisogna rinascere ed io sto cercando di farlo. Sicuramente non è un peso avere quel valore”.

A 29 anni cosa deve fare un attaccante per migliorare?

 “Non si smette mai di imparare, così come non si smette mai di migliorare. A 29 anni però sei formato, le cose istintive e i movimenti di un attaccante li devi saper fare. Credo poi che la carriera di un giocatore prescinda dalla salute. Se non hai quella è difficile”.

Se potesse esprimere tre desideri, quali esprimerebbe?

“Sicuramente vorrei finire tutto quest’anno facendo tutte le partite  a disposizione. Poi vorrei tornare in Nazionale”.

Il terzo?

“Non glielo dico…”.

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