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Parma, il salto di qualità non arriva: mancano convinzione e gol

In 12 gare, 13 punti, nell'anno della retrocessione uno in meno, 17 gol fatti e 20 subiti. Il bilancio alla terza sosta del campionato non può essere soddisfacente. Con la Lazio è scattato l'allarme spento poi da Lucarelli, ma che fatica

Saranno state le tre gare in una settimana, oppure la paura di osare e cercare di approfittare di un momento che poteva essere favorevole, fatto sta che il Parma, dopo aver vinto contro il Milan e illuso di poter svoltare in maniera decisiva verso la parte destra della classifica, ha raccolto la miseria di un punticino, contro la Lazio e per giunta nella gara più brutta a domicilio, e ha fatto un bel balzo all’indietro. Sì perché nel momento più confortante, quando c’era da saltare il guado, il Parma è finito dentro al fiume con tutte le scarpe, finendo per inciampare due volte ed essere trascinato via dalla corrente, neanche tanto potente, di Genoa e Juventus. Eppure l’entusiasmo era tutto dalla parte crociata che, non c’è nulla da fare, nei momenti più significativi della stagione, sembra farsela addosso. E’ successo nella scorsa stagione, succede anche in questa, e pazienza se giochi bene, per poco più di un’ora, e perdi o non vinci. Puoi salvare quanto vuoi la prestazione ma in termini di punti, beh, quelli ne hai pochi in tasca. E pazienza se ne potevi avere di più, colpa tua comunque perché non hai sfruttato appieno le tue capacità e le tue occasioni da gol, oppure hai abbassato la guardia in un momento in cui la concentrazione dovevi mantenerla alta.
GOL MANGIATI, GOL SUBITI – E’ questo un limite che il Parma fa fatica a colmare. E va bene che poi riesci a rimediare i danni, ma non sempre ti riesce come contro la Lazio di pareggiare una partita che viene gestita male dalle scelte fino all’atteggiamento nel campo di certi giocatori, leggeri e gentili come prime donne al ballo. Il modo di porsi in campo, quel modo, è una costante che si è vista almeno nella metà delle gare disputate fino a qui, dalla mancanza di concretezza sotto porta, all’assenza di concentrazione in certi momenti importanti della partita. E’ un segnale chiaro di debolezza se a Genova perdi dopo aver dominato per un’oretta gli avversari, con la possibilità di andare in vantaggio almeno tre volte e, alla prima disattenzione prendi gol e ti sfaldi come una montagna di sabbia. E non contento, contro la Juve fai lo stesso, dopo che ti divori due occasioni, limiti i tuoi avversari al massimo e subisci gol per una dormita.
MODULO CHE PENALIZZA – Il cinismo è qualcosa che non si allena, l’attenzione sì. Se Amauri sotto porta preferisce il tacco al piattone, se Gobbi invece di tirare sceglie un’opzione diversa, bene, qui Donadoni può farci ben poco. Può fare di più nella scelta dei giocatori. Se il palleggio della Lazio è fluido è perché nessuno lo contrasta. Giocatori fisici non ce ne sono, gli esterni non funzionano e si lasciano prendere il tempo. Donadoni ha voluto giocarsela sulla qualità ha sbagliato, come nel lasciare Sansone in panca. Un modulo che penalizza perchè l'esplosività dell'ex Bayern può cambiare la partita e al momento non c'è posto per lui. Per non parlare della difesa, si perchè il 3-5-2 a quanto pare penalizza anche giocatori come Cassani. In questa prima parte di campionato l'assenza di Paletta ha pesato con Lucarelli che si è dovuto sobbarcare tutta la difesa perchè Cassani e Felipe sono apparsi insicuri chi per via del modulo chi per errori propri. Cassani è sempre stato utilizzato in una difesa a quattro, Palermo, Fiorentina e Genoa, e nella difesa a tre rende meno di quanto potrebbe. La storia si ripeterà ora che rientrerà Paletta con l'ex Genoa che insieme a Lucarelli formeranno il trio di difesa. Felipe per ora non ha reso positivamente e alcuni gol presi sono frutto di sue disattenzioni. Ha convinto più Mendes in una gara da titolare che l'ex Siena. E Benalouane? Si è visto davvero poco fino ad ora e pensare che l'anno scorso aveva convinto tutti, con l'Inter che pronta a portarlo in quel di Milano.
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