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La telefonata di Tommasi, Iacoponi e il Parma: la domenica surreale del Tardini

Dentro il caos di un giorno da ... dimenticare

Il pranzo per pochi intimi nel deserto del Tardini a un certo punto è andato di traverso. Neanche si è avuto il tempo di presentare le prime portate; al tavolo apparecchiato non si sono presentati i commensali né gli ospiti, gli stessi che avevano provato mezzora prima a prendere posto alla mensa dei pochi eletti. E sì che già durante le prove (leggasi riscaldamento) le casse del Tardini intonavano ‘The end’ dei Linking Park per dare l’impressione a chi osservava da casa che si provava a sentirsi meno soli in un palcoscenico in cui erano vietate strette di mano, abbracci e gesti che di solito vogliono manifestare affetto ma che da domenica in poi sono sinonimo di rischio. 

‘The end’ dicevamo, testo nel quale a un certo punto si parlava di ‘irreale’. Come l’atmosfera che si respirava a Parma, come quello che da lì a poco stava per accadere. Un’immagine brutta, senza senso, la più assurda di queste settimane innaturali alle quali siamo costretti da un virus di cui si sa poco e di cui poco sa anche chi dovrebbe garantirci, al di la del pallone, che rimane sempre secondario ma – mai come in questo caso – specchio di una situazione che riflette l’essenza di una catena di comando che presenta qualche difetto negli ingranaggi. E’ bastato un Tweet - tipico riferimento comunicativo nel mondo social - per mettere a repentaglio lo svolgimento di una manifestazione sportiva alla quale il Governo aveva dato l’autorizzazione un po’ di tempo prima, lo stesso che poi si è lasciato trasportare dall’enfasi del cinguettio - nella figura del Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora – per mandare a monte tutto in 180’’.

E mentre l’Aida - che è solita accompagnare i giocatori in campo, la marcia trionfale che fa da contorno al rituale che anticipa la partita – riecheggiava nell’aria spenta del Tardini con le sue note che arrivavano alla fine, dei calciatori schierati a centrocampo neanche l’ombra. Anzi, dai monitor di servizio si vedeva come i protagonisti della gara indietreggiassero, chiamati dai propri dirigenti a rompere le righe perché avvertiti da una telefonata del Ministro Spadafora dopo un confronto rapidissimo con Gabriele Gravina, capo dell FIGC  a seguito dei 140 caratteri messi giù da Damiano Tommasi, a sua volta al comando dell’AIC (AssoCalciatori). Tommasi – a fine mandato – probabilmente mosso da qualche senso di colpa per non aver agito prima in nome della legittima tutela dei suoi ‘ragazzi’ scriveva “Fermiamo il campionato !!” con sotto la foto di un Duomo spoglio e senza gente. Un invito social è bastato al Ministro che, qualche ora prima, aveva legittimato un Decreto che garantiva la disputa a porte chiuse delle partite di calcio, per cambiare repentinamente idea. E Gravina? Ha prontamente convocato un Consiglio Federale d’urgenza mentre le squadre (il Parma stava per scendere in campo) erano già pronte a giocare e a disputare nel silenzio le loro partite. E da lì il domino delle telefonate è partito: Rizzoli che allerta Pairetto (arbitro della contes), Tommasi stesso che ha contattato Simone Iacoponi (iscritto all’AIC, un capitano virtuale del Parma per intenderci) per pregarlo di interrompere tutto dopo il riscaldamento e dopo la momentanea sospensione.

Nel caos del momento il club e i suoi dirigenti hanno fatto quadrato e hanno deciso di scendere in campo per rispetto delle regole e dei propri tesserati ai quali, dopo l’appello di Tommasi, è stato chiesto se davvero non sentissero garantite le condizioni di salute nella disputa dell’incontro.  La risposta negativa, che confermava il non sentirsi in condizione di rischio, era conseguenza di una presa di posizione di Tommasi e Spadafora 'politica' e  'populista', anche in nome dell’immagine di un calcio che una settimana fa si è voluto salvaguardare e che in otto giorni è stato messo alla gogna un po’ da tutti. Anche e soprattutto da chi non conosce la materia. Intanto il Parma ha perso, senza quasi tirare in porta, giocando dimesso e incappando nella quarta sconfitta in altrettanti incontri con la Spal, quella che un tempo si definiva nemico invincibile. Avrà tempo per rimuginare sugli errori fatti, sulla mancata cattiveria e sulle distrazioni sue e dell’arbitro che ha concesso un rigore apparso poco chiaro anche dopo averlo rivisto al Var. Ma questo è calcio. Tutto il contesto, no.

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