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Parma, nel segno di Longobardi; dal bar di Cesena alla gioia del Tardini

Quando all'81' della gara con il Villafranca Christian ha piazzato la zampata, lo stadio è corso ad abbracciarlo e lui, alla Barbuti, si è preso la curva. Ora Apolloni ha un nuovo leader

Chissà se in quel bar, a Cesena, più o meno un mesetto fa, quando Christian Longobardi ha detto sì al Parma,  l’attaccante avesse solo immaginato che le cose sarebbero andate in questo modo. Chissà se, quando ha firmato per il Parma, con un menisco rotto, il ragazzo di Pomigliano d’Arco avesse sognato un debutto del genere, davanti ai suoi nuovi tifosi che lo hanno eletto a idolo praticamente al terzo pallone toccato. Chissà, se Christian Longobardi, a un passo dal prendere casa a Piacenza, ha rivisto la foto che lo immortala sotto la curva Nord mentre fa banchetto con i tifosi e gli trasferisce tutta la grinta e la tensione, accumulata nei giorni precedenti, smaltita in una domenica di settembre che lo ha visto ricevere l’investitura ufficiale di un Tardini mandato in visibilio dopo mesi di chiacchiere e promesse, di ciance e di delusione. Si è presentato subito sfoderando la spada, Longobardi, come se dovesse andare davvero alla conquista di un regno che ora sente suo. A Cesena, dove lui vive, lo conoscono tutti quelli del suo quartiere, in Romagna ha lasciato il segno, avendo giocato a Rimini e Bellaria, a Parma ha iniziato a farlo come sa. Senza fiatare, con il sorriso, l’umiltà e la consapevolezza di chi sa di essere forte. E a Parma ha rischiato pure di non approdarvi mai, se non fosse per quel disguido che ha visto Gatti, presidente del Piacenza, prenderlo in prova per poi lasciarlo, dopo che un infortunio in allenamento, lo ha costretto a stare fuori per un po’. Un problema al menisco, dopo una sgambata, non Torneo della Montagna al quale Longobardi partecipa ogni anno. Aveva già l’accordo con il Piacenza ed era in ritiro assieme ad altri ragazzi prima del tesseramento ufficiale e del raduno con la nuova squadra. Per colpa del menisco, insomma,

Gatti lo ha rispedito a casa, salvo poi volerlo di nuovo, a tutti i costi. Ma era già tardi perché, una volta libero, il Parma si è fiondato subito su di lui, con decisione. Minotti e Galassi lo hanno incontrato a Cesena, nel bar dove abitualmente Christian fa colazione, una mattina. Due minuti, il tempo di sapere se aveva voglia di mettersi in gioco. Due chiacchiere, come si fanno tra amici, la programmazione di una visita medica che riportasse il tipo di infortunio e il periodo di recupero, poi la firma. In pratica, si era limato il corno posteriore del menisco, una piccola rottura, molto minimale che aveva causato anche lesione sul collaterale interno rimarginata da sola. La  tempistica di recupero di due mesi, ha convinto lo staff medico del Parma e, nel giro di 15 giorni è stato tesserato.

Longobardi si è messo subito a disposizione, con umiltà e gran senso del dovere. Una cena con Apolloni per conoscere il suo pensiero, qualche battuta con Lauria per farsi indirizzare e per farsi accogliere, dato che lui e Fabio, mattatori del Villafranca, si conoscono da un pezzo. Anche quando è rimasto, per poco senza squadra, lui, napoletano atipico che ama guardare avanti e vedere positivo, sapeva che prima o poi gli sarebbe toccata una chance. E’ arrivata, e lui l’ha colta al volo, disposto anche a rinunciare a un pugno di euro in più, ha scelto Parma e sposato un progetto che mira a riportare tra i professionisti il club. Dopo l’incontro a Cesena, con Galassi e Minotti, Longobardi ha ricevuto un sacco di telefonate, telefonate che girava direttamente ai direttori, dato che lui è senza procuratore e si gestisce da sé. Un uomo di parola che  ha sempre tenuto al corrente di ogni situazione la dirigenza crociata, malgrado non avesse ancora firmato. Domenica, dopo la firma sul contratto, ha messo in chiaro che il Parma può puntare in alto perché ha una punta vera, che si sbatte in silenzio e fa gol appena ne ha l’occasione. Qualcuno evoca addirittura Sandro Melli, in rete a 16 anni contro il Monza nel giugno ’86, un gol che sancisce l’abbandono definitivo della Serie C. Qualche altro lo accosta a Barbuti, per la forza nell’uno contro uno e gli occhi spiritati mostrati con ardore alla curva, strattonata e presa dalla giacchetta con una virulenza tipica di chi vuole incidere e lasciare il segno. Lui, però, è solo Longobardi, modesto ma consapevole di essere una punta con i movimenti giusti, di esaltarsi nello scontro fisico anche se non è al 100%. E figuratevi quando lo sarà

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