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Parma, non puoi accontentarti così

A Piacenza la squadra di D'Aversa ha giocato per il pari salvo poi svegliarsi a fine gara, quando non c'era più tempo per la vittoria. Al ritorno serve un'altra marcia

Che fossero 180’ minuti difficili lo si era capito dalle premesse. Ne abbiamo avuto prova al Garilli, nei novantasei minuti lunghissimi trascorsi a Piacenza in una partita molto tirata, tattica e, diciamolo: deludente. Perché chi si aspettava continuità dopo i segnali incoraggianti nel derby è rimasto scottato. E forse è uscito dallo stadio con un qualche punto interrogativo sulla tenuta fisica (il Parma ha finito con la lingua a terra), su qualche giocatore non all’altezza e su una squadra che forse è stata sopravvalutata. Una gara in cui si è scelto praticamente di non affondare mai il colpo. Quasi mai, perché per forza di cose, in maniera anche abbastanza paradossale, il Parma ha dovuto svegliarsi dal torpore dopo che ha rischiato anche di prenderle almeno in un paio di occasioni contro una squadra che aveva deciso di mettersi lì e aspettare, giocare come fa il gatto con il topo, farsi rincorrere per poi pungere. Roberto D’Aversa però, oltre a non essere contento di come siano andate le cose (soddisfatto forse perché può giocare sempre per il pari e puntare alla qualificazione, ma contento proprio no) deve rivedere parecchie situazioni. Domenica sera imprecava in panchina e sbottava contro i suoi, ma sa dell’importanza del risultato perché non è uno sprovveduto. E’ solo un po’ stanco, forse, provato dal fatto che i suoi non andassero come voleva. No, rassegnato no, ma stanco sì, stanco di urlare gettando parole al vento, tanto è vero che per buona parte della partita se ne è stato con le mani sui fianchi senza parlare. Roberto D’Aversa, dicevamo, non può ritenersi uno sprovveduto, dato che comunque sapeva che il Piacenza faceva quel tipo di gara e che il Parma, per portarla a casa, doveva dare molto di più. Evidentemente il fatto di giocare con due risultati su tre non lo ha aiutato, nel senso che un pareggio o una vittoria avrebbero cambiato di poco le cose. E per tanto, inconsciamente i suoi hanno pensato di prendersela comoda senza affondare. Per paura della beffa, o di qualche palla sporca corretta da quello spilungone di Romero o da quella volpe di Nobile che è stato controllato in maniera impeccabile dai difensori crociati. A volte però, per andare oltre e gettare il cuore al di là dell’ostacolo, la paura deve essere sconfitta e si deve cercare di superare anche i limiti atavici di una squadra che si trascina dietro sei lunghissime partite senza gol. Se leviamo di torno l’episodio di Baraye che ha segnato quasi per sbaglio contro la Reggiana, si nota come il Parma faccia fatica a essere ‘pulito’ in zona gol. A costruire anche, da domenica, perché se prima qualcosa veniva fuori, adesso neanche quello. Al Garilli non è stato tutto da buttare, intendiamoci, ma il fatto che la squadra non rispondesse o dava l’idea di non rispondere sul campo, può legittimamente preoccupare in vista di un futuro anche immediato

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