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Vacca: "D'Aversa è un martello, De Zerbi mi ha fatto svoltare"

Il centrocampista oggi al Venezia ha lavorato con entrambi: "Quello che il mister ha fatto con il Parma merita di essere sottolineato. Roberto? Un amico, ho il suo nome tatuato..."

E’ arrivato a Parma in punta di piedi, chiuso nel suo cappotto cammello con tanto di pelliccia al collo, timido. Schivo, quasi. Si è portato via un campionato vinto e una promozione in Serie A. Antonio Junior Vacca è un po’ un giramondo del pallone. Da Benevento a Catanzaro, passando per Livorno e Venezia. A Foggia si è affermato calcisticamente. Merito di Roberto De Zerbi: “Mi ha fatto scoprire cose che neanche sapevo esistessero, nel calcio. Giocare la domenica era un po’ come giocare con la benda: sapevamo dall’inizio della partita quello che dovevamo fare – ha detto in un’intervista esclusiva a Parmatoday.it –“ e a Parma è maturato, sotto la guida di Roberto D’Aversa “dovrebbero fargli una statua per quello che ha fatto con questa società”. Adesso lotta per vincere anche a Venezia, con vista Serie A.

Vacca, parliamo di D’Aversa: è davvero così martello?

“Si, confermo. Un martello. Pretende il massimo, un professionista metodico, ma al di là del metodo di allenamento, è uno che mostra rigore in ogni cosa che fa. Devo dire però che riesce ad essere un allenatore e un compagno di squadra, ha dalla sua la giovane età. Il fatto di essere stato un calciatore lo aiuta molto in alcune dinamiche”.

Ci può dire se ogni tanto sorride?

“S’, sorride molto. E’ una persona molto solare. Magari davanti alle telecamere ride poco, ma è abbastanza piacevole passarci del tempo insieme”.

Se dovesse descriverlo con un aneddoto, quale userebbe?

“Conservo di lui un bel ricordo. Un aneddoto che mi fa piacere ricordare è quello relativo alla festa promozione. Siamo stati in un locale dove c’era musica dal vivo, lui ballava, era stranamente spensierato, questa cosa mi ha fatto abbastanza sorridere”.

In cosa l’ha migliorata D’Aversa?

“Io sono del parere che tutti gli allenatori, anche quelli meno bravi che ho avuto in passato, mi abbiano insegnato qualcosa. Nella mia esperienza a Parma ho perso qualche partita, in due mesi e mezzo ho avuto poche occasioni per mostrare il mio valore. Un po’ di problemi fisici mi hanno frenato. Non ho avuto modo di stare molto sul campo con lui, ma ricordo il modo perfetto in cui  preparava le partite. Ci facilitava il lavoro e sapevamo tutto degli avversari, anche i minimi particolari ci faceva studiare”.

Mi tolga una curiosità.

“Prego”.

Perché si è tatuato il nome di De Zerbi?

“Perché è stato l’allenatore che mi ha fatto svoltare, diciamo così. Mi ha aperto un nuovo mondo, mi ha insegnato a dare tanto a livello calcistico e a migliorare tatticamente. Mi ha aperto gli occhi su cose che prima di lavorare con lui non sapevo neanche esistessero”.

Tipo?

“Delle situazioni in campo, non sapevo cosa poteva succedere alla domenica, ma dopo aver lavorato con lui durante la settimana era un po’ come giocare con la benda, durante la partita. Ci insegnava come andare a prendere la squadra avversaria, il modo in cui pressare, impostare. Tutto quello che sarebbe successo in partita ce lo diceva durante la settimana”.

Chi è per lei De Zerbi?

“Un amico, un consigliere. Il nostro è un rapporto che va oltre al calcio, io e lui ci sentiamo spesso e ci confrontiamo. Per me è un amico”.

Più martello o più filosofo?

“Macché filosofo. Martello. Anche lui è un martello. Nei discorsi pre partita caricava la squadra a mille e se penso a quello che ci diceva mi viene ancora la pelle d’oca. Gli uscivano le vene al collo, diventava rosso. Furente”.

Chi vincerà domenica?

“Non sono un mago, c’è da dire che si affrontano due allenatori che si conoscono bene, mi aspetto una gara tattica. Il calcio di De Zerbi è apprezzato da tutti, quello di D’Aversa è molto sottovalutato, ma dico che ha fatto una cosa straordinaria con il Parma. Ho sempre seguito i crociati, anche prima di arrivarci. Leggevo spesso cose che scrivevano giornalisti e tifosi sui social e mi sembrava strano. Meriterebbe una statua D’Aversa…”.

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