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Truffa allo Stato

Startup percepisce durante la pandemia 770mila euro di contributi per la produzione di ventilatori polmonari mai realizzati: due denunce

La Guardia di finanza di Parma denuncia il perito e il legale rappresentante di un'impresa che nel 2020, in pieno Covid, aveva chiesto il contributo a fondo perduto

I finanzieri del Comando Provinciale di Parma hanno effettuato un controllo nei confronti di una startup che nel 2020, in piena pandemia da Covid-19, aveva richiesto ed ottenuto da INVITALIA un contributo a fondo perduto pari a 770.000 euro finalizzato alla realizzazione di ventilatori polmonari.
La misura di sostegno era stata introdotta nel marzo 2020 per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19 con l’obiettivo di sostenere le imprese nazionali nell’ampliamento e/o nella riconversione di attività per incrementare sul territorio italiano la produzione di dispositivi medici - tra cui i ventilatori polmonari dei quali si registrava una grave carenza nella fase acuta del contagio del coronavirus.
In particolare, l’impresa controllata dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Parma, allo scopo di ottenere il contributo, all’atto della domanda aveva comunicato ad INVITALIA di poter garantire al sistema sanitario nazionale la produzione di trenta ventilatori polmonari al giorno. In sede di rendicontazione del programma di investimenti, la società comunicava a INVITALIA una riduzione del target di produzione di respiratori polmonari, passando da trenta a dieci unità al giorno. Tuttavia, all’esito del controllo è emerso che l’impresa, pur avendo ricevuto l’intero contributo, non ha prodotto alcun ventilatore polmonare oltre all’esemplare che aveva esibito per ottenere il contributo.
Gli accertamenti delle Fiamme Gialle hanno fatto emergere una serie di condotte fraudolente che avrebbe posto in essere il rappresentante legale della società idonee a trarre in errore INVITALIA con il fine specifico di perseguire un ingiusto vantaggio.

In particolare, secondo la ricostruzione dei finanzieri, la società controllata, al fine di rispettare la stringente tempistica imposta dal bando per far sì che il contributo fosse a fondo perduto per l’intero importo, avrebbe indotto in errore INVITALIA circa l’assolvimento dell’obbligo di certificazione del dispositivo da parte di un Ente autorizzato. A tal fine, avrebbe dapprima classificato il dispositivo in una classe di rischio che prevedeva la mera autocertificazione e poi, in luogo della richiesta di certificazione, avrebbe prodotto un documento con cui richiedeva dei test da effettuare sul dispositivo polmonare.
Inoltre, le norme che disciplinavano l’accesso al finanziamento prevedevano l’asseverazione da parte di un professionista dell’avvenuto ottenimento di certificazioni/autorizzazioni per la produzione e la commercializzazione del dispositivo medico. In tale ambito, secondo la ricostruzione investigativa, un ingegnere delegato dall’azienda avrebbe certificato falsamente il possesso delle certificazioni.
All’esito del controllo è emerso anche che, in fase di esecuzione del programma d’investimenti, la startup ha effettuato acquisti di beni e opere murarie diversi da quelli autorizzati da INVITALIA, procedendo, a titolo esemplificativo, ad acquistare una stampante 3D destinata alla produzione dei ventilatori polmonari per un valore di 36.000 euro anziché quella indicata nella domanda di finanziamento che aveva un valore di 680.000 euro reimpiegando la differenza nel rifacimento di un’area produttiva della sede aziendale.
Le violazioni sono state comunicate dai finanzieri ad INVITALIA che ha proceduto alla revoca del finanziamento e alla richiesta alla startup della restituzione di una somma complessiva di 899.000 euro comprensiva di interessi.
Pertanto, le Fiamme Gialle hanno denunciato alla Procura della Repubblica di Parma il rappresentante legale della società per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falso ideologico commesso da privato in atto pubblico; il perito autore della relazione tecnica asseverata per falso ideologico commesso da privato in atto pubblico; la società in quanto, stando all’ipotesi investigativa, l’illecita percezione del contributo a fondo perduto sarebbe avvenuta nell’interesse della società che ha incassato sul proprio conto corrente l’ammontare di 770.000 euro.

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