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Cronaca Centro / Piazza Giuseppe Garibaldi

Rapina spettacolare a Parma: membro della banda ottiene i servizi sociali

La decisione del giudice di Sorveglianza dopo la “buona condotta” del detenuto

Il tribunale di Sorveglianza di Napoli, accogliendo la richiesta dell’avvocato Luigi Poziello, ha concesso l’affidamento in prova ai servizi sociali ad Antonio Santonicola, giuglianese del 92 che era stato condannato a 10 anni di reclusione dal Tribunale di Parma, quale membro della banda del buco che commise una rapina milionaria a Parma. Diversi i reati contestati: associazione per delinquere finalizzata  alle rapine, rapina pluriaggravata consumata, tentata rapina, crollo di costruzioni o altri disastri dolosi, danneggiamento aggravato e lesioni. Dopo questa decisione del magistrato di Sorveglianza, il giovane potrà espiare la condanna fino al 2027 svolgendo attività lavorativa. 

Aveva già usufruito degli arresti domiciliari durante tutta la durata del processo, per poi vedersi rinchiudere di nuovo in carcere a Poggioreale. Aveva partecipato sia a un progetto presso il Teatro San Carlo, lavorando esternamente al carcere, che tenuto una buona condotta nei cinque anni e mezzo tra detenzione in carcere e arresti domiciliari, portando il magistrato a concedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. 

Santonicola faceva parte della banda che scavò un tunnel lungo ben undici metri all'interno del sistema fognario del centro storico di Parma per entrare e rapinare la banca Bper di via Cavour, riuscendo ad arrivare direttamente nel caveau. I rapinatori della banda del buco stavano poi per colpire ancora, dopo lo spettacolare colpo alla filiale della Banca Monte Parma in via Venezia del 31 ottobre 2017, ma vennero fermati dai carabinieri di Parma che, in sinergia con la Procura, portarono avanti le indagini a partire dalla rapina al caveau di ottobre, fino ad arrivare all'emissione delle ordinanza di custodia cautelare e ai dieci arresti avvenuti il 22 maggio. Sei fermi avvennero a Parma, uno a Reggio Emilia, due a Giugliano e uno a Bellaria. Un incidente di percorso negli scavi, il cedimento del manto stradale in borgo Mazza il 17 marzo, ha reso concreto il pericolo di fuga. A quel punto gli investigatori hanno deciso di agire. 

Le operazioni di scavo erano pensate nei minini dettagli: il direttore dei lavori comunicava telefonicamente, usando telefoni che avrebbero dovuto essere sicuri per la banda, con gli 'operai' che stavano scavando: in particolare li avvertita se i rumori degli scavi si sentissero all'esterno mentre l'attenzione per il lavoro era maniacale e tutta volta a nascondere gli attrezzi utilizzati che, per esempio, venivano riposti in una struttura composta da assi di legno, creata con un soppalco all'interno del tunnel. Ma qualcosa andò storto: a causa dello scavo il 17 marzo si verificò un cedimento strutturale con crollo del manto stradale in Borgo Mazza, di cui i banditi non si accorsero. In quel momento infatti avevano fatto ritorno nei paesi di origine in Campania. A quel punto gli inquirenti, che stavano tenendo d'occhio la banda da tempo, decisero di agire: l'incidente di percorso ha reso concreto il rischio di fuga.

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