Scene d'Amleto
Solo appunti. Qualche brandello di pensiero su un testo che ha fatto scrivere fiumi di parole. Shakespeare guarda con acuta ironia al genere più diffuso del suo tempo e lo riproduce infiltrandovi elementi notevolmente nuovi. La catarsi della tragedia elisabettiana viene infranta dall’ambiguità, dal fermare l’azione e riflettere su di essa. È ciò che fa Amleto. Più che tragedia della “vendetta” diventa così dramma del “pensiero” sulla vendetta. La scena: una colata di velluto rosso sangue; trono, letto, luogo dei poteri. Nient’altro. I costumi: via via, attraverso il tempo, si confondono, arrivano a noi. Lo spettro del padre può avere questa funzione: risvegliare in Amleto una forte valenza emotiva, che gli ridesta la consapevolezza. Amleto vive la prevaricazione del male sul bene, attraverso la coppia omicida, madre e zio. Amleto, risparmiando re Claudio dalla morte, sacrifica Polonio, Ofelia, Laerte, la regina. E sé stesso. Può essere che l’esaltazione di Amleto nel vendicare il padre nasconda qualche meccanismo psicologico che ne impedisca l’azione? A rallentare l’azione c’è forse un desiderio rimosso verso la madre? Una fantasia edipica? Amleto scopre che il candore materno non è altro che astuta finzione. Vede che la madre, ideale di virtù, è soggiogata dai sensi, ha ceduto alle loro lusinghe. Parla alla madre come a Ofelia, le uniche donne del testo, mostrando a tutt’e due l’oscurità dei piaceri carnali. Emerge in Amleto un sentimento nascosto nei confronti della madre. Potrebbe essere che in lui si celi il desiderio tutto inconsapevole di voler essere lui e solo lui, figlio, marito amante? La loro scena-scontro, l’autore l’ambienta nella camera da letto di lei. È un caso? Mah, il caso la sa lunga. Amleto, che vorrebbe vivere solo con la mente in una verticalità di pensiero, scopre in maniera traumatica che i sensi prevalgono. Emerge in lui il complesso edipico? Edipo… Amleto. Perché non affrontare questo testo alla luce di questo archetipo? Torniamo a Ofelia. Amleto è convinto della sua sincerità ma ora, come esserne sicuri? È ancora la dolce fanciulla oppure è una commediante più astuta di altri? È messa lì dai grandi come un’esca, recita un copione preparato da altri, è “un asso nella manica” dello stesso Polonio. Inganna ed è ingannata lei stessa. Dopo lo scontro con Amleto, dall’innocente candore passa alla cruda follia della consapevolezza. Si scontra con la realtà del vivere e la sua anima “si spaura”. Il suo equilibrio lo troverà solo nella follia. Follia simulata, tutta recitata da lui; in lei reale smarrimento, follia vera. Lui che ha scoperto in sé il tormento del vivere, vuole portare lei alla realtà della fatica del vivere, al “male di vivere” come dice Montale, poeta nostro contemporaneo. A questo punto considera Ofelia proprio come la madre, alla stregua della madre: una donna che l’ha tradito. Ofelia non simulerà la pazzia come far lui, ma la vivrà realmente, non si fermerà davanti alla paura arcaica del mistero del morire come farà lui, e si toglierà la vita. Tre capolavori di tutti i tempi trattano lo stesso tema, il parricidio: Edipo, Amleto, Fratelli Karamazov. Ed è messo a nudo il motivo del misfatto. La rivalità sessuale per il possesso della donna. Come ci parla ancora, oggi, Amleto, questo capolavoro di tutti i tempi? Io penso questo: all’uomo non è dato di gestire l’inizio e la fine della propria esistenza, ma soltanto il decidere come utilizzarla, questa esistenza. E non è cosa da poco.