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LE OPINIONI

Femminicidi: dobbiamo iniziare a mettere in discussione i nostri privilegi maschili per combattere (davvero) la violenza di genere

Confrontatevi con le vostre amiche, le vostre fidanzate, le vostre madri. Iniziamo a parlarne sui luoghi di lavoro, nelle associazioni, nei gruppi di quartiere

Meena Kumani è stata uccisa dal marito Onkar Lal con una mazza da cricket nella loro abitazione di Salsomaggiore Terme. E' la 108esima donna ammazzata in Italia nel corso del 2023. Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin si è levato un grido, forse più forte che in passato, contro la violenza maschile sulle donne. A Parma migliaia di persone hanno manifestato per le strade della città in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne il 25 novembre. Tre giorni dopo, il 28 novembre, l'ennesimo femminicidio. 

Non bastano le parole forti e le prese di posizione per estirpare la cultura patriarcale e dello stupro dalle quale trae origine e che alimenta la violenza contro le donne e i femminicidi, purtroppo non bastano le migliaia di persone in piazza, non basta nemmeno l'impegno delle associazioni e dei collettivi femministi e transfemministi e dei Centri Antiviolenza. Per cambiare il passo dobbiamo essere noi uomini, a fianco delle donne, ad iniziare ad agire concretamente. 

Dobbiamo iniziare a mettere in discussione i nostri privilegi maschili  

Dobbiamo gridare con forza che la violenza ha genere e che siamo noi uomini ad avere il privilegio e il potere in una società ancora fortemente patriarcale. Dobbiamo iniziare a parlare del privilegio maschile, conoscerlo per iniziare a decostruirlo. Cosa intendiamo quando parliamo di privilegio maschile?

Quando vado in giro per le strade di qualsiasi città non ho paura di subire violenze e abusi, non temo di essere vittima di cat-calling, sul posto di lavoro non guadagno meno delle mie colleghe solo a causa del mio genere, a 18 anni nessuno mi ha impedito di prendere la patente, a 22 anni nessuno ha impedito che io mi laureassi. 

Non giro con le chiavi in mano come hanno fatto praticamente tutte le donne che conosco per difendersi da eventuali molestie o violenze, quando esco con una persona non comunico ai miei amici dove mi trovo per motivi di sicurezza personale, non ho alcun motivo per aver paura. Non mi sono mai sentito dire che per il modo in cui ero vestito ho provocato una persona che ha abusato o fatto violenza su di me, i miei comportamenti non sono mai stati messi in discussione in una situazione in cui ero io la vittima. 

Sono solo alcuni esempi di un privilegio rispetto al quale non ci fermiamo mai a riflettere, perchè a noi appare scontato. Invece non lo è: confrontatevi con le vostre amiche, le vostre fidanzate, le vostre madri. Fate dei paragoni, in quelli che a noi sembrano semplici gesti quotidiani. Metteteli in fila e fate un confronto. 

Elena Cecchettin, sorella di Giulia Cecchettin in una lettera "è responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista”. Ha ragione. Dobbiamo smettere di pensare che la violenza maschile sulle donne non ci riguardi direttamente. Dobbiamo invece gridare con forza che è una questione che dobbiamo affrontare con forza e al più presto. 

Il femminicidio e lo stupro sono la punta dell'iceberg di comportamenti sessisti e di controllo 

Dobbiamo smettere di pensare (e scrivere) che esistano i raptus, la "follia" dovuta alla gelosia cieca, che chi commette femminicidi è un "mostro", che il suo comportamento è "selvaggio": Purtroppo sono comportamenti umani, non animali. Sono frutto di una cultura patriarcale dalla quale facciamo estremamente fatica a prendere le distanze e alla quale rimaniamo attaccati per non mettere in discussione le nostre certezze. 

Dobbiamo smettere di pensare che sia eticamente accettabile per noi giornalisti pubblicare le foto della vittima di un femminicidio insieme all'uomo che l'ha uccisa, nella stragrande maggioranza dei casi il compagno, il fidanzato, il padre o comunque qualcuno che aveva le chiavi di casa. Dobbiamo gridare con forza che il femminicidio e lo stupro è solo la punta dell'iceberg di una serie di comportamenti sessisti e di controllo e che sono proprio questi comportamenti ad alimentare la cultura dello stupro e della violenza: la gelosia, il possesso, i controlli, i divieti, i ricatti emotivi e molto altro. 

Iniziamo a parlarne sui luoghi di lavoro, nelle associazioni, nei gruppi di quartiere 

Dobbiamo iniziare a mettere in discussione il nostro privilegio maschile. Sul luogo di lavoro fermiamo i nostri colleghi quando fanno una battuta sessista o manifestano un comportamento potenzialmente abusante per le donne, quando un nostro amico ci dice che controlla il telefono della propria fidanzata o moglie, quando qualcuno cerca la nostra complicità maschile nell'affrontare un discorso contro le donne.  Dobbiamo prendere posizione, come ha fatto il sindaco Michele Guerra, come stanno facendo tanti uomini delle istituzioni e non. 

Dobbiamo iniziare ad organizzare gruppi di confronto sul privilegio maschile e sul patriarcato. Lo dobbiamo fare in collaborazione con gli Enti comunali, le associazioni di volontariato, i posti di lavoro, i sindacati, le caserme, le organizzazioni del terzo settore, i gruppi parrocchiali, le associazioni di quartiere, i partiti.


 

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