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Economia

La scure del Covid sull'economia parmense: nel 2020 persi 18 mila posti di lavoro

I dati del Rapporto sull'economia e il lavoro curato da Ires, istituto di ricerche della Cgil. Nell'anno centrale della pandemia si è registrata una caduta del -7,5% del valore aggiunto complessivo: colpiti soprattutto il lavoro femminile e quello precario

Nel 2020 nel parmense sono andati letteralmente in fumo 18 mila posti di lavoro, di cui 10 mila nell'industria e 8 mila nel settore dei servizi. La percentuale in negativo è del -8,2%. L'economia del nostro territorio ha fatto registrare una caduta stimata su un tasso del -7,5% del valore aggiunto.

A farne le spese soprattutto il lavoro femminile e quello precario e poco tutelato. Sono questi alcuni dei dati contenuti della 12esima edizione del prezioso Rapporto sulll'economia e il lavoro in provincia di Parma, redatto da Ires, l'Istituto Ricerche Economiche e Sociali della Cgil. L'analisi, a cura del ricercatore Marco Sassatelli, è stata realizzata da Ires per conto della Camera del Lavoro di Parma. 

La pandemia da Covid-19 si è infatti abbattuta come una scure sull'economia parmense nel corso del 2020 e ha fatto sentire i suoi effetti negativi, dal punto di vista economico e sociale, anche per quanto riguarda il 2021 anche se, grazie alla riapertura delle attività economiche e alla campagna vaccinale, la ripresa inzia a farsi sentire in vari settori. E' stato quello manufatturiero il settore più colpito, nel 2020, per quanto riguarda i posti di lavoro: un vero e proprio tracollo di oltre il -20%. La caduta dell'economia nel parmense è stata comunque inferiore alla media regionale dell'8,8%: per il 2021 i ricercatori economici parlano di una crescita stimata di circa +6% del valore aggiunto. 

"Nel 2020 l’economia della provincia di Parma ha mostrato una caduta stimata su un tasso del -7,5% del valore aggiunto complessivo. Il dato sarebbe comunque migliore rispetto alla caduta stimata per l’intera economia regionale (-8,8%), La pandemia ha interrotto bruscamente un percorso di crescita che l’economia provinciale aveva intrapreso  nel 2014, si era consolidata fra il 2015 e il 2018 (+2,5% in media e +3,2% nel 2018) e poi aveva iniziato a  rallentare nel 2019 (+0,7%)

Le attese per il 2021 sono di immediata ripresa e riguardano l’intera economia regionale  (+6,5%), l’economia di Parma dovrebbe crescere del +6,0%

I settori dei  servizi e quelli legati al turismo, alla mobilità e alle attività ricreative e del tempo libero su cui si puntava molto  l’attenzione anche in virtù della nomina di città Capitale della cultura 2020, hanno sopportato blocchi produttivi  prolungati e abbattimenti significativi di domanda dovuti agli ostacoli alla mobilità. La performance economica si è retta sulla specializzazione in due settori chiave: il settore alimentare è stato sempre operativo  e ha anche beneficiato di un surplus di domanda estera legata alle misure di confinamento adottate da molti  stati a livello globale; il settore farmaceutico ha visto incrementare la domanda nazionale e internazionale  raggiungendo performance di vendita fra le più elevate della storia recente.

Il dato meno penalizzante è quello relativo al settore  agricolo (-1,2%) che pur subendo razionamenti di forza lavoro e incertezze in alcune filiere a valle, ha  comunque beneficiato della condizione di essere settore primario essenziale
 Il  settore industriale (-8,7%) 

Nelle medesime condizioni c’è il settore dei servizi (-7,5%), per il quale il blocco delle attività ha condizionato commercio, pubblici esercizi, e in generale tutte le attività di servizi alla persona. 

Nell’ottica del 2021 dovrebbero essere proprio i settori delle costruzioni (+15%) e quello industriale manifatturiero (+12%) a trainare il recupero.

Per quanto riguarda il settore delle costruzioni dopo un altalenante 2019 gli andamenti complessivi del 2020 hanno evidenziato un rapido recupero rispetto alla forte contrazione dei primi due trimestri. Questo  indica che i lavori avviati sono stati temporaneamente sospesi e poi sono ripartiti appena le condizioni lo hanno  permesso e che il settore ha iniziato a beneficiare degli incentivi messi in campo per la riconversione del  patrimonio edilizio. Il 2021, almeno nella prima parte, mostra una forte attesa di crescita per produzione e  fatturato in grado di far fare un passo avanti importante alle prospettive del settore dopo la faticosa  stabilizzazione del periodo 2015-2019

Per quanto riguarda il commercio al dettaglio l’andamento  congiunturale delle vendite aveva mostrato una fluttuazione attorno alla stagnazione per l’intero triennio 2017- 2019, per via della debolezza delle condizioni generali della domanda di consumi. Il tracollo del primo  semestre 2020 è stato determinato da fattori esogeni che hanno modificato, anche in prospettiva, il modo di  consumare (ad esempio i consumi voluttuari si sono ridotti o azzerati, c’è stata una maggiore concentrazione  su consumi di beni essenziali, la riduzione della mobilità ha comportato risparmi per spese di viaggio o  spostamento) generando disponibilità liquide per consumi locali aggiuntivi e posponendo nel tempo i consumi 
necessari o pianificati.

Nel corso del 2020 la contrazione di posti di lavoro nell’economia è stata del -8,2%, prevalentemente per effetto della riduzione  imponente (-20,6%) registrata nel settore manifatturiero. Le contrazioni più contenute nei servizi e nelle costruzioni hanno avuto risvolti meno eclatanti, seppur significativi, sulla produttività settoriale. 

"L’incremento dei posti di lavoro in agricoltura - si legge nel rapporto - che si è risolto in una forte riduzione della produttività agricola è l’effetto di  due fenomeni contrapposti: da un lato, il settore agricolo durante la crisi pandemica del 2020 è stato oggetto di attenzione da parte di molti lavoratori dismessi dai propri settori di attività; dall’altro, esso ha a sua volta  dovuto faticare per mantenere i livelli produttivi in carenza di manodopera disponibile". 

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