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La promozione e lo stadio: dopo la retrocessione Krause sogna in grande

Un anno da presidente per l'americano: una rivoluzione a stelle e strisce nel segno dei giovani

I primi 365 giorni di Kyle Krause da presidente del Parma possono essere paragonati a un giro sulle montagne russe. Nel luna park di KK non c’era mai stato tanto spazio per stati d’animo così lontani tra loro e vissuti in maniera repentina dal magnate americano, che dall’Iowa - mosso dall’amore per l’Italia e tutto quello che di bello c’è nel Bel Paese (si è sposato in Costiera) e dal senso di business che pervade ogni uomo d’affari - si è messo sul suo aereo privato parcheggiato al Verdi ed è venuto a rilevare il Parma all’alba del settembre 2020, quando il Coronavirus stava armando la sella del suo cavallo per tornare più imbizzarrito di prima a sconvolgere le nostre vite. Scelta coraggiosa.

Al termine di una trattativa serrata, condotta dai soci parmigiani con la famiglia Krause, titolare di una Holding con investimenti diversificati, tra cui spicca la catena di convenience store Kum&Go da 3 miliardi di fatturato annuo e un capitale significativo con possedimenti importanti in termini di portafoglio immobiliare, il Parma è diventato americano. Certo, anche Krause - un ottimista di natura - immaginava di festeggiare diversamente questo primo compleanno alla guida della quarta squadra italiana più vincente in Europa, ma l’anno domini 2020 è stato disgraziato per tutti. Anche per il Parma che è finito in Serie B, ha cambiato due allenatori, direttore sportivo, e management per evitare che le cose andassero per il verso sbagliato. Senza riuscirci. 

Nel giorno del suo avvento, Krause ha trovato Marcello Carli come direttore sportivo e Fabio Liverani come allenatore alla guida del Parma, più una squadra da assestare e alcuni investimenti da mettere giù dal punto di vista infrastrutturale. Ha cercato di ‘imporre’ una politica che guardasse ai giovani calciatori, promuovendone l’acquisto senza farsi problemi di pagamento. L’adrenalina di guidare una squadra di Serie A, la sua presenza nel calcio che conta, probabilmente gli ha fatto perdere un attimo di vista  la necessità di delegare a gente esperta, del mestiere. Ma era evidentemente troppa la sicurezza di una buona riuscita tale da spingerlo a fare molto, se non tutto, da se. Aiutato dal figlio Oliver, che ha guidato l’area analytics (uno scouting basato su piattaforme informatiche di big data evoluti che cercano di aggirare i rischi fornendo in modo semplice e intuitivo informazioni “contestuali”, che arrivano in tempo reale, già filtrate) Krause ha impostato una campagna acquisti importante (a livello economico, più che di giocatori funzionali al progetto salvezza ndc), diventata - a gennaio - faraonica con l’acquisto più costoso della finestra: Dennis Man, talento romeno per il quale KK ha sborsato, senza battere ciglio, 12 milioni più 3 di bonus. L’arrivo teatrale di Man, sceso dall’aereo privato con a bordo l’agente Becali, ha un po’ tradito le attese riposte sull’asso di Vladimirescu, che per ora in Serie B sta promettendo sfracelli, mostrando la sua grandissima tecnica. 

I primi mesi di Krause non sono stati da incorniciare. Campionato terminato con una retrocessione segnata da un ultimo posto in classifica e da un cambio di allenatore (licenziato Liverani, richiamato D’Aversa poi sollevato dall’incarico). Piano piano l’ingresso in società di figure professionali a capo dell’area tecnica (Javier Ribalta), dell’area ‘finanziaria’ (Jaap Kalma), dell’area metodologica (Filippo Galli), dell’area scouting (Massimiliano Notari). Un management nuovo di zecca, un allenatore giovane, Enzo Maresca, di ritorno dall’Inghilterra con in tasca un successo (la Premier League 2 con il Manchester City) e una rivoluzione che taglia di netto con il passato. Il cordone con ‘il vecchio’ è stato reciso: via tutti (o quasi) i calciatori simbolo della precedente gestione, dentro 14 nuovi acquisti - tra cui il sogno Buffon - per una squadra che ha l’obbligo (come ha detto anche Maresca) di andare in Serie A al primo tentativo. 

Non solo calciatori e manager. Krause si è dimostrato sensibile alla causa con investimenti pesanti nelle infrastrutture. Andiamo con ordine. La valutazione del Parma Calcio è stata di circa 120 milioni, in linea con un club di fascia media di serie A. Una cifra lorda, non l’esborso effettivo. Da tale cifra vanno sottratti i costi relativi agli impegni futuri (gli acquisti impostati dalla vecchia proprietà, per intenderci) per circa 60 milioni netti tra debiti e crediti. Oltre ad un gruzzolo per il calciomercato estivo. Così che per diventare il patron del Parma KK, ha versato agli azionisti di Nuovo Inizio una cifra di poco inferiore a 30 milioni. 

A questi vanno aggiunti i dollari immessi da Krause nella gestione dal settembre dell’anno scorso ad oggi. Almeno un’altra settantina di milioni, a guardare tra i bilanci disponibili ad oggi. Investimenti che guardano al futuro, se si pensa che sta per regalare a Parma (e ai suoi tifosi) uno stadio da 80 milioni di euro. Ha intanto ammodernato il centro sportivo, completando la  ristrutturazione del settore giovanile iniziata dai precedenti proprietari e rifatto ex novo gli spogliatoi del centro di Collecchio, che vorrebbe ulteriormente ampliare. Un vero capo d’azienda, che cura tutti i particolari e si preoccupa di saldare - alle volte in anticipo, non è mai un dettaglio in questi casi - le scadenze. Ama il lavoro, l’Italia e il Parma, per il quale non si preoccupa di fare ore e ore di volo, dall’Iowa al Verdi. E si accontenterebbe di scartare il suo regalo anche a maggio, a patto che questo sia confezionato in questi mesi. E che cominci per A… .

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