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La nuova vita di Munari: "Io, Parma e l'economia: il mio mondo dietro a una scrivania"

L'ex centrocampista crociato: "Trovo soluzioni per i clienti, studio piani di investimento insieme al team. Ma in testa ho sempre il calcio. Che peccato per la sconfitta nel derby. Parma e Cagliari hanno tutto per essere protagoniste"

Da un paio di mesi la bacheca di Gianni Munari si sta riempiendo di altri titoli: quelli finanziari che luccicano accanto alle otto promozioni, sei delle quali in Serie A che fanno dell'ex centrocampista del Parma uno dei calciatori saliti più spesso di categoria. La vita di Munari è cambiata: "In meglio, la mia giornata è quella di un professionista che lavora per trovare le migliori soluzioni per i clienti". Non ci sono più palloni da conquistare ma fiducia. "Quella del cliente - spiega in un'intervista a ParmaToday.it -". Gianni ha cambiato ruolo ma nella testa è rimasto il mediano che era: e come tale continua a lavorare per gli altri cercando le migliori soluzioni, anche oggi che è diventato uomo di finanza dietro a una scrivania. "Mi ha sempre affascinato questo mondo, per adesso mi trovo bene. Ho sempre vissuto per le sfide e questa è totalmente nuova. E’ una passione che ho sempre coltivato fin da quando ero calciatore, grazie  Federico Baroc che ho conosciuto a Parma. Lavoro con lui nel suo studio in Corso Venezia a Milano. Non è semplice. Ho studiato per un anno ho sostenuto l’esame da promotore finanziario e sono stato promosso. Ora sono entrato nella squadra di Fineco. La migliore in Italia a livello di consulenza". 

Munari, chi è il migliore con il quale ha giocato?

"Eh, è dura. Dico Jovetic che ai tempi della Fiorentina era fortissimo. Ho giocato anche con Cassano, talento straordinario. Amauri, Di Michele. Potrei dirne tanti".

Si fa fatica a immaginarla fuori dal campo.

"Basta maglietta e calzoncini. Ora sono un intermediario finanziario in un team. Assieme a Federico gestiamo il portafoglio di calciatori e procuratori. Cerchiamo di trovare le migliori soluzioni economiche per il loro futuro".

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Ci può raccontare la sua giornata?

"Parlo con il cliente, assieme al team facciamo un’analisi del suo portafogli,  guardiamo i suoi investimenti e cerchiamo di definire una pratica in base a quelle che sono le aspettative e i suoi guadagni". 

Interessante. Ma vuole farci credere che il calcio non le manca?

"No, mi manca il calcio, eccome se mi manca. Ho fatto quello per tanto tempo e il mio pensiero è lì. Continuo a seguire il calcio, guardo le partite: la passione rimane sempre. Avevo bisogno di disintossicarmi, di cambiare aria. Ma non mi sono mai precluso la possibilità di un futuro nel calcio. Sono due attività che non si ostacolano l'una con l'altra". 

Come ha maturato la decisione di lasciare un mondo nel quale ha vissuto per vent'anni?

"Ci sono state una serie di situazioni che mi hanno fatto pensare. Come se il fuoco che avevo dentro si fosse spento. Non mi sentivo più coinvolto al 100% in quello che facevo. E' stata una cosa graduale che mi ha allontanato dal calcio. Ne ho parlato con la mia famiglia, mia moglie mi vedeva insoddisfatto: aveva capito che non avevo tanta voglia di percorrere tanti chilometri per guardare le partite e poi relazionare i capi sui calciatori che mi avevano colpito. Avevo bisogno di qualcosa di più e questa è stata una proposta che mi ha fatto sentire vivo. Ho improntato la mia carriera sulle sfida. Non dimenticate che io ho lasciato il Cagliari in Serie A per andare al Parma in Serie C. Ho lasciato il Palermo in Uefa per andare al Lecce. Io non resto in un posto a dispetto dei santi". 

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Ha smesso di fare il calciatore nonostante avesse ancora due anni di contratto con il Parma.

"E' vero. Ma l'ho deciso in cinque minuti. Ero in via Farini a Parma, con l'allora direttore sportivo Daniele Faggiano che mi ha proposto di affiancarlo. Ci ho messo pochissimo a dire sì. Ho deciso di dimettermi dal ruolo di osservatore per studiare da promotore finanziario. Avevo anche qui un anno di contratto con il Parma. Ma per me contano le motivazioni".

A proposito di motivazioni: sembra che il Modena sabato avesse qualcosa in più del Parma. 

"Ho visto la partita. Peccato per la sconfitta. E’ proprio lì che il Parma deve migliorare. Quando deve fare il salto di qualità non riesce. Vincere questo tipo di gare ti dà forza per affrontare il cammino in futuro". 

Perché da qualche anno a questa parte il Parma sembra arrivare tardi agli appuntamento che possono cambiare la sua storia?

"Perché ha vissuto due anni e mezzo di grande difficoltà. Oggi risalire la china non è semplice. Pecchia sta facendo un grande lavoro. Anche sabato fino alla fine la squadra ha combattuto certificando che il lavoro c’è. Secondo me dopo anni di difficoltà ripartire da capo non è semplice. Il Parma ha bisogno di fare degli step per tornare a vincere".

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Lei ha vinto tanto in carriera. C'è un segreto?

"Sì: il gruppo. E non è una frase fatta, mi creda. In Serie B serve soprattutto il gruppo. Oggi le squadre bene o male si equivalgono, il livello è quello. La differenza la fa l’unità di intenti. E' complicato trovare un giocatore che inventi la giocata e risolva la partita. Devi avere dei valori importanti che si possano riconoscere nel gruppo, altrimenti non vinci. Nelle mie vittorie c’è sempre stato qualcosa di forte nel gruppo. Per esempio, quando siamo andati in Serie A con il Parma avevamo un gruppo molto unito".

E' stata una stagione lunghissima: a un certo punto sembravate tagliati fuori dalla corsa ai primi posti. Quando avete svoltato?

"Quando ci siamo guardati negli occhi. Ci siamo detti: 'Ragazzi, che vogliamo fare? Vincere o continuare a piangerci addosso? In quell'anno i vecchi del gruppo hanno trascinato i giovani e tenuto su il morale anche nei momenti bui". 

Mi sa indicare un momento preciso in cui avete capito che avreste vinto?

"Secondo me dopo aver toccato il fondo nella sconfitta di Empoli. Avevamo perso 4-0 al Castellani, il direttore sportivo Faggiano assieme alla società avevano optato per il ritiro. Dovevamo affrontare tre partite in casa, nevicava e noi passavamo le giornate tra campo e stanza. Il ritiro è spesso visto come una punizione dal calciatore. Ma noi avevamo meritato di andarci. Dovevamo affrontare squadre come Palermo e Frosinone, più avanti in classifica e accreditate sulla carta per la promozione. In quei giorni sono venuti al centro sportivo i vecchi soci: Pizzarotti, Ferrari, Malmesi e Gandolfi. Abbiamo sentito la vicinanza della società. Tutti hanno parlato, ma sono rimasto colpito positivamente dal discorso di Angelo Gandolfi, proprietario di Erreà. Un discorso motivazionale, partito da un imprenditore di successo che ha dovuto lottare contro i grandi marchi dell'abbigliamento sportivo per emergere e imporsi. Alla fine è riuscito fare un gran bel business, dato che è sul mercato da anni grazie ai sani principi e a ideali molto solidi. Da lì siamo ripartiti e abbiamo fatto in modo che ognuno di noi desse qualcosa in più in campo. E abbiamo scritto la storia". 

Qual è il ricordo che custodisce con maggiore affetto della sua avventura a Parma?

24-04-2017 Parma-Sudtirol_DF54030-2"Io ho conquistato anche l'accesso all'Europa League con il Parma. Ma il mio ricordo più bello è stato la semifinale contro il Pordenone in Lega Pro. C’era gente che piangeva prima di tirare i rigori. Mi è toccato pure andare sul dischetto. Avevo tirato qualche rigore solo nel settore giovanile. Quella gara ci ha dato lo slancio. E' di sicuro il momento più emozionante, venivamo da un campionato folle e vincere era quasi un obbligo. Siamo stati sempre a rincorrere chi era davanti, sembrava non arrivare mai la fine. Noi avevamo mille pressioni, eravamo un gruppo composto al 50% da calciatori provenienti da categorie superiori. Contro il Pordenone magari non meritavamo di vincere, ma ci siamo trascinati fino ai rigori e abbiamo avuto la meglio. Poi in finale abbiamo interpretato la partita in maniera straordinaria. Eravamo stra-convinti di vincere fin dal fischio d'inizio". 

Sabato il Parma affronterà il Cagliari, sua ex squadra. E' un po' la sua partita?

"A Cagliari sono stato benissimo, è stata una piazza che mi ha dato molto. E' nata mia figlia a Cagliari. In quella stagione eravamo una squadra che avrebbe dovuto 'ammazzare' il campionato. Ma abbiamo trovato sulla nostra strada il Crotone di Ivan Juric che le vinceva tutte. Appena il Cagliari ne pareggiava una finivamo per deprimerci. Il Crotone andava forte. Nell’arco di un anno, ci sono stati momenti negativi da gestire. Ne siamo usciti alla grande". 

Chi vince sabato si rilancia?

"Spero in un pari, non me ne voglia nessuno. Entrambe le squadre hanno i mezzi per essere protagoniste da qui alla fine del campionato. Parma è la mia seconda casa, la conosco bene. Conservo rapporti straordinari in città, ho ancora degli amici. Auguro il meglio alla società e ai suoi tifosi". 

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