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Lenz e le nostre Apocalissi contemporanee

La recensione dello spettacolo di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, andato in scena all'ex Padiglione Nervi, all'interno dell'ex sede dell'opificio meccanico Manzini

"E la città non aveva bisogno né di sole né di luna, perché la luce di Dio brillava su di essa e l'Agnello era la sua lampada" (Apocalisse, 21,23).

La lettura dell'Apocalisse di Giovanni da parte di Rudolf Steiner, Dostoevskij, Jurij Karjakin, l’Anticristo di Nietzsche, il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman, gli affreschi del Correggio nella cupola della chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma, la vita dei pastori nelle immagini della documentarista Anna Kauber, le riprese di Julius Muchai dello slum di Nairobi, la discarica a cielo aperto ritenuta l'area più inquinata del pianeta.

C'è tutto questo e molto di più nello spettacolo 'L'Apocalisse' di Lenz Fondazione - creazione di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto - andato in scena al Padiglione Nervi, all'interno dell'ex sede dell'opificio meccanico Manzini, in via Palermo a Parma, luogo di fatica e di lavoro, oggi cantiere in riqualificazione. Dopo l’apparire dell’uomo e della donna sulla terra con la La Creazione (2021), l’Apocalisse prosegue il tragitto concettuale di Numeri (2022), in quanto riflessione/azione/visione contemporanea sull’essere umano al tempo della sua massima crisi e delle sue minime prospettive di sopravvivenza nell’era dell’Antropocene. 

Uno spazio in cui il proletariato industriale ha lavorato per decenni dove, come sottolinea la regista Maria Federica Maestri "si sono compiuti i sacrifici meccanici del lavoro operaio". E il sacrificio è uno dei temi centrali dell'opera: l'Agnello, il Salvatore, anzi l'Agnella, la Salvatrice. La storica attrice di Lenz Valentina Barbarini lo intepreta tra passaggi di fiebile dolcezza, un senso di abbandono quasi mistico. C'è qui anche un riferimento, anche se solo abbozzato, alla teologia femminista della storia. In scena Fabrizio Croci, C.L. Grugher, Sandra Soncini, Tiziana Cappellala, Valentina Barbarini e il soprano Victoria Vasquez Jurado.

APOCALISSE DI LENZ_ELISA MORABITO 1 (2)

Ma il corpo delle attrici e degli attori e una riflessione sul ruolo del teatro, il logos teatrale, e sulla polisemica degli interpreti sono al centro della riflessione lenziana: dopo anni e anni di dialogo artistico con gli spazi architettonici monumentali e di grandi spazi urbani - Pilotta, Teatro Farnese, Abbazia di Valserena, Reggia di Colorno, Tempio della Cremazione, Ex-Carcere di San Francesco, Ponte Nord - ora il teatro di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto sembra compiere un passo definitivo. O meglio, una scelta: artistica e 'politica'. 

Lo spazio scenico è il luogo del lavoro, del sacrificio operaio che ridefinisce i tratti scenici per ridisegnare una mappa delle nostre Apocalissi contemporanee. Un'Ultima Generazione che cerca un salvezza non solo individuale ma collettiva. Se l'Antropocene è devastato non c'è più un futuro possibile o meglio il futuro e il rinnovamento, grazie al sacrificio dell'Agnella, sono possibili solo attraverso una riflessione sull'identità collettiva. "E' questa la ricerca citata nelle note di regia di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto - di nuove vie oltre l’antropocentrismo e la crisi dell’identità individuale nel contesto sociale, umane, con al centro il consumo stesso in tempi brevissimi e suicidi della Natura".

L'idea di mangiare il Libro per portare la catastrofe, una catastrofe da cui derivi un rinnovamento, il sacrificio come punto di svolta e come rispecchiamento nella 'vittima'. I Cavalieri dell'Apocalisse sono chirichetti-operai che svolgono un lavoro mistico e religioso: in quattro scene, che corrispondo a quattro sale - Padiglione Nervi,  Sala dei Busti, Sala delle Statue e Sala del Carroponte - gli spettatori vedono scorrere tutti i passaggi, anche se il percorso non è esattamente lineare. Nel padiglione Nervi va in scena la preparazione alla battaglia, nella Sala dei Busti la distruzione di Babilonia, nella Sala delle Statue la doccia è l'istituzione del sacrificio mentre l'ultima scena, nella Sala del Carroponte, rappresenta il Giudizio, i Cieli nuovi e la Terra nuova. 

Ma io ho visto
Un Agnello
Diritto, sgozzato
Con sette corna e sette occhi
Lui è degno di avere il rotolo
Di aprire i sigilli
Perché è sgozzato
E con il suo sangue ha pagato
Per comprarci di nuovo
ricomprarci
ancora.

Parla delle cose che hai visto,
quelle che vedi
e quelle che vedrai.

E io l’Agnello vedo
Rompe il primo sigillo
Il primo cavallo bianco
Rompe il secondo sigillo
Il cavallo di fuoco e chi lo monta toglie la pace dalla terra
E gli uomini si sgozzano gli uni con gli altri
Rompe il terzo sigillo
Il cavallo nero


E il quarto
Il cavallo verde e chi lo monta si chiama Morte

E il quinto
Gli uomini sgozzati
E poi il sesto
Il terremoto grande come il sole
Nero, la luna rosso sangue
Le stelle cadono come fichi non maturi
Il cielo si ritira come un rotolo
Le montagne e le isole si spostano
Gli uomini potenti dicono: cadeteci addosso!
Nascondeteci dai suoi occhi e dalla furia
Dell’Agnello.
Oggi è il giorno.

[ APOCALISSE ]
Progetto Sacre Scritture | Reidratazioni del Presente Urbano
Creazione di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto
Drammaturgia, imagoturgia | Francesco Pititto
Composizione, installazione, involucri | Maria Federica Maestri
Musica | Andrea Azzali
Interpreti | Fabrizio Croci, C.L. Grugher, Boris Kadin, Sandra Soncini, Tiziana Cappella
Soprano | Victoria Vasquez Jurado
Estrazioni documentarie | Anna Kauber
Riprese video | Julius Muchai
Produzione | Lenz Fondazione
Si ringrazia l’Associazione Amici di Kibiko, i Settori Cultura e Lavori Pubblici/Patrimonio del Comune di Parma

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