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Cronaca

Donato Mele: il disoccupato con la vita da Nababbo

Il ritratto dell'usuraio 65enne arrestato dai finanzieri in flagranza di reato mentre minacciava un imprenditore

La preoccupazione degli inquirenti è scattata anche quando hanno avuto modo di leggere il rapporto di Donato Mele, campano di 65 anni che a Parma vive ormai da tempo. Dalla Procura della Repubblica di Parma trapela un senso di forte preoccupazione, legata all’episodio e ai contorni che in città non hanno precedenti. L’episodio è stato interpretato come una spia di un fenomeno ampio. Perché fino ad ora, a Parma, si era sempre parlato di usura in termini di quella bancaria (il reato che commette chi si fa dare o promettere come corrispettivo di un prestito di denaro interessi o altri vantaggi usurari, cioè sproporzionati e superiori ai limiti di legge), ma questo caso è  molto più preoccupante perché interessa la vita delle imprese e dell’economia cittadina. 

Donato Mele, arrestato per usura aggravata ed estorsione, non ha una professione, è senza un impiego che mascheri almeno l’attività di usuraio per il quale gli uomini della Guardia di Finanza lo hanno bloccato. Mele è stato accusato di aver estorto denaro a due imprenditori che versavano in condizioni economiche gravissime. Dopo due prestiti, uno nel 2016 di 7000 euro, l’altro del 2018 di 10000, per un totale di 17mila euro. Mele richiedeva il pagamento di un tasso di interesse superiore al 120% all’anno. Le vittime, infatti, avevano già restituito, con pagamenti rateali pari al 10% dell’importo al 5 del mese e al 20 del mese. Complessivamente avevano già pagato 24mila euro, ma il 65enne non defalcava mai la somma restituita dalla quota capitale, avendo imposto il versamento anticipato di interessi ad un tasso del 10% al mese. Per esigere il pagamento del debito, avrebbe eseguito pressioni nei confronti degli imprenditori, presentandosi nelle loro ditte e arrivando a minacciare di morte loro stessi e i famigliari. 

Un soggetto pericoloso e senza scrupoli che, secondo gli inquirenti, non apparteneva alla criminalità organizzata. Tant’è che la Direzione Distrettuale Antimafia non è stata allertata. Prima ancora, pendevano sulla sua testa altre capi di imputazione. Precedenti penali gravissimi con condanne definitive per omicidio preterintenzionale, associazione per delinquere maturata prima del 1982, condanne per droga e violazione della normativa della sorveglianza speciale.

Un episodio di usura che a Parma, secondo il Procuratore Alfonso D’Avino, non ha tantissimi precedenti: “Parliamo di usura vera e propria – spiega in conferenza stampa – un assoggettamento di persone al pagamento di interessi molto più rilevanti dell’interesse legale. È una sorta di novità, Parma non ha fatto registrare episodi del genere in passato. Abbiamo elementi tali per cui siamo portati a credere che non sia un episodio. Il territorio di Parma è caratterizzato da numerosi episodi di crisi di impresa e non si può escludere che dietro queste crisi di impresa ci sia un fenomeno di usura. Molti non denunciano – chiude il Procuratore – perché pare ci sia una sorta di ritrosia a raccontare alcuni episodi perché si crede in una colpevolizzazione di sé stesso.L’usura strangola le imprese, denunciate”.

E’ il monito del Procuratore Capo Alfonso D’Avino, al quale si unisce quello del Comandante Provinciale delle Fiamme Gialle De Benedictis: “E’ in atto una campagna disensibilizzazione delle forze dell’Ordine affinché l’usura sia percepita come negativa per l’economia. E’ un bel segnale quello di denunciare perché è in linea con l’azione repressiva: chi denuncia trova un sostegno oltre che un riscontro nell’arresto”.

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