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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Tagli ai disabili, la ricercatrice Maja Antonietti: "Scelta violenta, smantella un servizio che ha 23 anni"

Tagli al monte ore degli educatori e polemiche a Parma. Ecco l'analisi di Maja Antonietti, ricercatrice confermata di Didattica e Pedagogia Speciale presso l'Università di Modena e Reggio Emilia

Tagli al monte ore degli educatori e polemiche a Parma. Ecco l'analisi di Maja Antonietti, ricercatrice confermata di Didattica e Pedagogia Speciale presso l'Università di Modena e Reggio Emilia.

"La scelta dell'Amministrazione Comunale di Parma di ridurre la presenza degli educatori scolastici per gli alunni con disabilità è una scelta forte, violenta, tesa a smantellare un servizio e una presenza silenziosa e particolarmente significativa nelle scuole che ha quasi 23 anni di storia legislativa. Tali figure professionali sono infatti definite dall'art. 13 della Legge 104 del 1992, ove si fa riferimento all'obbligo degli enti locali di fornire assistenza all'autonomia e alla comunicazione. Poche norme nazionali successive purtroppo riferiscono a tale ruolo, ma negli ultimi vent'anni la presenza degli educatori scolastici per gli alunni con disabilità è aumentata in Italia nei numeri, così come -­‐ in particolari contesti quale anche quello di Parma -­‐ anche nella qualità del servizio offerto (Piani di Zona, formazioni per gli educatori ad esempio). Sicuramente ci troviamo di fronte ad una figura professionale purtroppo scarsamente normata a livello nazionale (denominazione, titolo di accesso e contratti diversi a seconda delle Regioni) e sino ad oggi poco è stato fatto per il pieno riconoscimento professionale di un ruolo chiave nei processi di inclusione.

Questo non legittima però le scelte di un'Amministrazione che dovrebbe essere attenta a tutti i propri cittadini, in particolar modo poi agli alunni delle proprie scuole, a tutti gli alunni. Mi premono quindi alcune considerazioni: 1) un taglio economico siffatto sceglie intenzionalmente di incidere profondamente su decenni di politiche di integrazione scolastica, andando quindi a incrinare un diritto acquisito, riconosciuto e costruito attraverso negoziazioni, discussioni e processi di un lungo periodo. Ci si può chiedere quali siano i principi che muovono tali decisioni; perché quando si operano scelte del genere è un dovere per un'Amministrazione in un paese democratico esplicitare i principi etici, sociali, pedagogici a cui si è fatto riferimento. 2) un taglio economico siffatto conferma che non sono affatto comprese da parte dell'Amministrazione né i significati delle politiche di inclusione, né il ruolo assunto dagli educatori a scuola. La risposta dell'Amministrazione alla lettera di Dirigenti pubblicata su repubblica. it nella sezione della città di Parma (affermazioni riprese anche oggi nella stampa locale) ne è infatti testimonianza. Si legge infatti che l'iniziale proposta dell'Amministrazione ai Dirigenti (che non è stata accettata) faceva riferimento ad un taglio che "comporterebbe la riduzione di meno di un'ora a settimana degli educatori assegnati individualmente; in quell'ora, i ragazzi che sono in situazione tale da consentirlo, andrebbero in piccoli gruppi con un solo educatore".

Tale affermazione effettivamente fa rabbrividire per diverse ragioni: o la prima giacché si pensa agli alunni con disabilità come ad un unicum, un pacco spostabile in piccolo gruppo a seconda di esigenze che nulla hanno a che spartire con finalità educative individuali. Quale genitore (di qualunque alunno, con disabilità e non) vorrebbe che il proprio figlio/a fosse unito ad altri alunni - non necessariamente suoi compagni -­ senza capire quale è il senso di tale attività? E poi soprattutto "andasse" dove, in quali spazi, uscendo quindi dalla propria aula? Quale il legame stabilito dall'alunno con l'educatore "con cui andrebbe " che non sarebbe il proprio di riferimento? Come può un'Amministrazione proporre soluzioni del genere che sono lontane anni luce dal senso pieno dello stare a scuola, della relazione educativa e dell'educare?

La seconda testimonia la scarsa conoscenza del pieno significato dell'integrazione scolastica (principi e prassi): gli educatori dovrebbero svolgere il proprio ruolo in classe, sotto la responsabilità del docente di riferimento, perché solo in questo modo verrebbe garantita la piena inclusione dell'alunno con disabilità nel contesto scolastico in cui vive e perché solo in questo modo il ruolo dell'educatore avrebbe un reale senso educativo. Ciò in generale vale per educatori, ma anche per gli insegnanti specializzati sulle attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità. A fronte di necessità di lavoro individualizzato fuori dall'aula che ovviamente possono essere presenti, alcuni dei più rilevanti studiosi italiani di Didattica e Pedagogia Speciale (Cottini, Ianes, Pavone, Maccario) testimoniano quanto appena scritto, in modi diversi e con sfumature differenti, ma tutti concordano nel dire che non vi può essere integrazione scolastica se il lavoro si svolge fuori dall'aula.

Occorre pensare quindi a integrazioni di programmazioni (individualizzata e curricolare), a forme di tutoraggio tra alunni con competenze differenti (con e senza disabilità per intenderci) e a forme di collaborazione tra le figure che si occupano di integrazione scolastica. Ora un'Amministrazione non si può permettere di proporre come soluzione il fatto che gli alunni con disabilità (anche se solo per poche ore settimanali) siano raggruppati con altri alunni con disabilità ed escano con l'educatore, non può farlo perché seppure questa possa essere una prassi in uso nelle scuole, è una cattiva pratica di integrazione scolastica, oltre che pessimo esempio di educazione, che andrebbe contrastata e non incentivata.

Ciascun alunno, sia esso tipico o con bisogni educativi speciali, ha diritto ad un progetto personalizzato ed individualizzato e sulla base di questo derivano precise azioni educative. Proporre agli educatori di uscire dall'aula con un gruppo di alunni con disabilità identificando ipotetiche medesime esigenze rievoca e mette in atto concretamente -­‐ legittimandoli -­‐ principi che si ispirano alla separazione e differenziazione dei percorsi, elementi questi a cui la legge 517 del 1977 in modo rivoluzionario per il mondo intero ha definitivamente abolito in Italia. Pertanto un'Amministrazione Comunale di un paese democratico non può permettersi di farvi riferimento".

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