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Il Parma non funziona, Maresca a tempo: serve la svolta o si cambia

Il tecnico, sembra essere lasciato solo dalla società, non è l'unico colpevole. La squadra per ora si sta dimostrando inadeguata per le sue idee. Per ora nessuno confronto tra calciatori e dirigenti

Sarà pure consapevole del fatto che serve tempo, ma di sicuro non può essere contento, Enzo Maresca, di quello che i suoi ragazzi hanno proposto fino ad ora. Si dice spesso che le squadre siano espressione dell’allenatore che le guida, ma in questo caso il Parma è troppo brutto per somigliare all’idea di calcio che il suo tecnico ha in testa. In questo momento, più che di Maresca, il Parma è espressione di nessuno: un gruppo di calciatori che ancora non è diventato squadra, questo è forse l’aspetto che preoccupa di più, classifica a parte. A tre punti dalla retrocessione, a un passo dai play out, con dieci lunghezze dal Pisa capolista, lontana sette punti dalla promozione diretta e a quattro dai play off, impantanata nelle teoria più assoluta che sta sottolineando come la squadra manchi anche di anima. Nelle ultime sei partite, il Parma ha collezionato solamente tre punti, in 42 giorni (tanti ne sono passati dalla vittoria rotonda di Pordenone) ha incassato dieci gol, segnandone sei. Pochi per una squadra che - come si diceva all’inizio dell’avventura - aveva l’intenzione di comandare il gioco, dominando l’avversario attaccando. Premesse e promesse non mantenute, a tutti i livelli. Per ora il Parma non ha intenzione di cambiare timoniere. Si va avanti con Maresca, a maggior ragione nella settimana che prevede una partita al giovedì piuttosto impegnativa come quella contro il Cittadella, un bivio per l'allenatore che sarà ancora più esposto. Dopo Reggio Calabria è stato l’unico a strigliare i suoi dopo la sconfitta.

“Mi aspettavo di essere dove siamo, so quanto è difficile cambiare mentalità con un calcio diverso e cambiando diversi giocatori”. Il monito di Enzo alla vigilia aveva cercato di tranquillizzare gli animi dei tifosi, oltre che quello dei suoi calciatori. La squadra però ha funzionato poco e male, come sempre nella tempesta chi imbarca più acqua è l’allenatore, troppo solo e senza le armi giuste per combattere una battaglia del genere. A questo punto ci si aspetta che sia la società a entrare in gioco, spiegando che quello che si è creato è una sorta di 'equivoco', o per lo meno a questo assomiglia, se si parla di promozione come obiettivo. 

La scelta di Maresca è di Kyle Krause, lodevole come sempre per quanto riguarda i principi: spazio ai giovani. Ma il calcio non è solamente una questione teorica e non si basa solo su principi. Non basta, ad esempio, riempirsi di specialisti. Sarà un fenomeno, Thomas Grønnemark, il mago delle rimesse laterali che lavora con Klopp ed esalta i meriti del Liverpool, due volte al mese a Parma, sui campi di Collecchio. Ma in un contesto in cui la maggior parte delle cose funzionano, dominate dall’esperienza come a Liverpool, il margine d’errore si assottiglia sempre più. Poi c'è il campo, come sempre, custode dei giudizi: dal campo non puoi scappare. C’è l’imprevisto, come il terreno di gioco che ha fatto saltare la palla a due passi dalla line a Bellomo. O una deviazione, una scelta sbagliata, l'ultimo passaggio. E il campo, per ora, dice che il Parma è pochissima roba.

“Per vincere la Serie B sappiamo cosa fare, bisogna prendere i calciatori forti. Capisco la preoccupazione dei tifosi, ma verrà affrontata con le massime garanzie. Proveremo a fare una squadra molto competitiva, che però non ci condizioni troppo negli anni successivi”. Il direttore tecnico, Javier Ribalta, aveva garantito per tutti: la stagione è lunga, non resta che sperare che, quanto detto qualche mese fa, possa avverarsi. Per ora il campo ha smentito ogni buona intenzione, seppure lodevole, di creare presupposti per vincere. “Dal primo giorno abbiamo detto che puntiamo alla promozione e abbiamo questa responsabilità - aveva sottolineato sempre Ribalta a inizio stagione -“. Una visione differente, almeno a livello di dichiarazioni, rispetto a quelle dell'allenatore: "Serve tempo per vincere, siamo solo all'inizio di un percorso". Nove partite di certo non sconfessano la teoria di un club che si è strutturato come le grandi squadre, ma per ora delle grandi squadre ha pochissimo. Almeno a livello di risultati: solo le buone intenzioni, ma nel calcio servono i punti. E quelli sono l’unica cosa che Kyle Krause non può comprare dietro una ricerca accurata. 

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