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QUANTI DUBBI

Parma, non bastano i buoni propositi: c'è un problema che va oltre il campo

Il club di Krause rischia di essere un altro grande equivoco. Dall'immobilismo sul mercato alle scelte del presidente: così il Parma non decolla

La difesa ha perso due uomini che per il Parma avrebbero dovuto essere, almeno nelle intenzioni, pezzi importanti del mosaico allestito in estate. Il centrocampo è rimasto quello di prima, mentre l'attacco - il reparto che più stenta dal punto di vista realizzativo - ha visto l'ingresso in gruppo di Luca Zanimacchia. Se non altro è servito per accontentare Fabio Pecchia e per rimpiazzare la partenza di Gennaro Tutino, uno dei tanti scontenti di questo Parma che proprio non riesce a tradurre in punti e vittorie i suoi mille buoni propositi, tali solo sulla carta. Il grande sonno del club sul mercato in entrata ha generato una serie di dubbi nei tifosi che hanno preso di mira, come non mai prima delle ultime ore, il presidente Kyle Krause. Le critiche distribuite tra i vari social saranno arrivate anche nel suo mondo, lontanissimo a quanto pare, dall'universo Parma. Il presidente è diventato un bersaglio scontato per questa apparente lontananza che lo porta ad avere una visione totalmente differente del calcio. Nella galassia Parma, evidentemente parallela rispetto alla realtà che inchioda la squadra al decimo posto in classifica, sembra esserci un corto circuito che non può essere riparato. Un problema che va oltre il campo, l'allenatore e il direttore sportivo e quello che comunemente delinea il perimetro pallonaro. Sembra che il calcio sia un contorno, non il piatto principale, in questa gestione. È come se in un ristorante stellato si mangiasse solo l'insalata: guarnita e decorata ma pur sempre insalata. Un piatto povero che costa centinaia di milioni, spariti in un alone di approssimazione squarciato continuamente dagli avversari domenica dopo domenica. Dopo la sconfitta di Cosenza, la 43esima in 98 partite di campionato con Krause alla guida tra Serie A e Serie B, ci si aspettava un intervento più sostanzioso sul mercato se non altro per correggere in corsa i difetti di costruzione di una squadra che adesso è anche fuori dalla zona playoff. E invece niente. Il Parma ha preferito cedere tre giocatori, sfoltire la rosa e guardare al futuro con un paio di innesti provenienti dalle nazionali giovanili di Polonia e Bosnia. Niente di già pronto, solo materiale grezzo da costruire che, a guardare il campo, non può certo garantire lo scatto in avanti di cui avrebbe bisogno la squadra. 

E in mezzo a questo stuolo di professionisti ci sarà stato qualcuno che avrà fatto notare a Krause, amante dei numeri dell'Area Analytics tanto da affidare a Mathieu Lacome il comando delle operazioni, che senza buttare la palla in fondo al sacco non si va lontano. Di sicuro non si va in Serie A, quella che il presidente a inizio stagione aveva indicato come obiettivo principale da perseguire e raggiungere. Ma come, se su 98 partite di campionato in tre anni sotto la gestione americana il Parma ne ha perse 43 vincendone solo 22? Come si fa se da quando è presidente Krause ha visto segnare i suoi attaccanti solo 18 volte in 98 gare? Servono 5 partite e un tempo perché un centravanti del Parma segni almeno un gol. Eppure di prime punte ne sono passate in tre stagioni: i vari Cornelius (un gol), Pellè (un gol), Benedyczak (8 gol), Inglese (7 gol), Simy (un gol), Pandev (un gol) e Charpentier (zero gol) hanno segnato 18 gol in sette. Solo sei in più rispetto agli attuali capo cannonieri del campionato di Serie B, Brunori e Cheddira (ex Parma) a quota 12 a testa. Numeri che inchiodano il progetto in uno stato confusionale che mai prima di oggi aveva liberato la frustrazione dei tifosi, riversatasi sui social. Una volta Parma era una meta ambita, almeno nel mondo del pallone: qui hanno giocato molti dei più grandi rappresentanti del calcio. Alcuni, come Cannavaro, sono anche idoli di Krause. Adesso da questa fortezza ricca economicamente ma poverissima di risultati, scappa chiunque: da Ribalta a Fournier, da Tutino a Romagnoli. Perché? 

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