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Beni mafiosi confiscati, promossi i comuni del parmense: virtuosi Berceto, Medesano e Langhirano

Secondo un'indagine di Libera su 1073 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati, 681 non pubblicano l’elenco e informazioni sul loro sito internet: il nostro territorio tra i migliori

Mafia e beni confiscati alla criminalità organizzata. I comuni del parmense sono promossi dall'indagine effettuata da Libera sul livello di trasparenza della filiera. i dati sono contenuti in “RimanDATI”, il secondo Report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali, promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino. 

Con l'inizio dell'anno scolastico primi esami anche per i comuni italiani. La materia interrogata riguarda il livello livello di trasparenza della ‘filiera” della confisca dei beni mafiosi. E i risultati degli esami non sono incoraggianti. I comuni italiani “rimandati” sul livello di trasparenza: su 1073 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati 681 non pubblicano l’elenco sul loro sito internet. A farlo emergere è Libera con “RimanDATI”, il secondo Report nazionale sullo stato
della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali, promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino.

 Il Report di Libera rappresenta uno spaccato importante sulla capacità degli Enti territoriali di rendere pienamente conoscibili e accessibili le informazioni sull'enorme patrimonio immobiliare sottratto alle mafie e destinato a tornare alla collettività attraverso comuni ma anche, sebbene in via sussidiaria, le province, città metropolitane e le regioni. Un report che vuole accendere una luce sulla carente trasparenza e mancata pubblicazione dei dati dei comuni italiani in merito ai dati sui beni confiscati che insistono nei loro territori perché sono proprio i comuni ad avere la più diffusa responsabilità di promuovere il riutilizzo dei patrimoni. Eppure, proprio a livello comunale le potenzialità della ‘filiera della confisca’ sono tuttora dense di ostacoli, criticità ed esitazioni. 

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Nel lavoro di monitoraggio, l’Emilia-Romagna risulta essere tra le regioni virtuose: il 55% dei comuni destinatari di beni confiscati - per i quali è previsto l’obbligo di pubblicazione - pubblicano le informazioni. Su 29 comuni destinatari, infatti, sono 16 i comuni che pubblicano l’elenco dei
beni confiscati, 10 quelli che non lo pubblicano e 3 che lo pubblicano in maniera non conforme. Nello specifico, i comuni trasparenti sono: Berceto (PR), Langhirano (PR), Medesano (PR), Argenta (FE), Cervia (RA), Comacchio (FE), Faenza (RA), Ravenna, San Lazzaro di Savena (BO),
Pieve di Cento (BO), Bologna, Formigine (MO), Maranello (MO), Forlì (FC), Riccione (RI), Calendasco (PC), I comuni che non pubblicano le informazioni sono: Ferrara, San Mauro Pascoli (FC), Pianoro (BO), Nonantola (MO), Cesena (FC), Borghi (FC), Cattolica (RI), Santarcangelo di Romagna (RI), Cortemaggiore (PC), Bellaria-Igea Marina (RI).

Infine, i comuni di Cesenatico (FC) e di Salsomaggiore Terme (PR) hanno pubblicato i dati in un documento/relazione descrittiva, in maniera narrativa e non su fogli di calcolo; il Comune di Gaggio Montano (BO) in un portale dedicato: in questi i casi i dati, non essendo in formato aperto, sono considerati non pienamente e compiutamente fruibili. In generale, la ricerca - che si trova completa sul sito di Libera - ha evidenziato in maniera piuttosto evidente come la logica degli open data sia ancora estranea alla stragrande maggioranza degli enti monitorati.

“Garantire che la filiera del dato sui beni confiscati sia trasparente - dichiara Tatiana Giannone, referente nazionale Beni Confiscati di Libera - vuol dire dare spazio al protagonismo della comunità e della società civile organizzata, che solo conoscendo può progettare e programmare nuovi spazi comuni. Alla conoscenza del patrimonio e del territorio, del resto, è strettamente legata la capacità di utilizzare i fondi pubblici (siano essi di natura europea o di
provenienza nazionale) per la valorizzazione dei beni confiscati, nella fase di ristrutturazione e in quella di gestione dell’esperienza di riutilizzo. In questi quarant’anni dalla Legge Rognoni - La Torre e ventisei anni di attività della Legge num. 109, a fronte di importanti risultati raggiunti in
termini di aggressione ai patrimoni delle mafie, della criminalità economica e della corruzione e a fronte delle sempre più numerose esperienze positive di riutilizzo sociale, non si deve abbassare l'attenzione sulle criticità ancora da superare e sui nodi legislativi ancora da sciogliere che
richiedono uno scatto in più da parte di tutti. Il bando del PNRR e la nuova programmazione europea delle politiche di coesione saranno, quindi, un banco di prova importante per le istituzioni tutte, ma soprattutto per il potere di monitoraggio della società civile”. 

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