rotate-mobile
L'EROE DEL TARDINI

Delprato, un capitano coi ... baffi

La storia dell'uomo che ha mandato in visibilio il Tardini con una zampata che avvicina la Serie A

Non poteva che esserci la firma di Enrico Delprato su una vittoria come quella che il Parma si è regalato contro il Pisa, sabato pomeriggio. Un successo che ha portato la squadra di Fabio Pecchia a fare un altro passo verso la vittoria del campionato, servita a esaltare un altro pomeriggio che sarà ricordato nel tempo al Tardini. Una vittoria che ha smontato anche la voglia di rincorsa delle pretendenti, annichilite di fronte alle tantissime soluzioni che questa squadra sta presentando nel corso di tutto il campionato. Sulla vittoria numero 16 in campionato c'è l'autografo di Enrico Delprato, un capitano ... con i baffi. Che probabilmente taglierà a cose fatte. Questione di scaramanzia e fioretti in un percorso che - se tutto andrà come deve andare - culminerà con un altro tatuaggio. L'ultimo tre anni fa, il prossimo a fine maggio. Quello più significativo legato alla sua carriera da calciatore che, a un certo punto, sembrava potesse prendere un'altra direzione. Lontano da Parma. Nell'estate del 2021, Enrico aveva fatto tutto con il Benevento: erano state persino decise luogo e data delle visite mediche in una trattativa chiusa in gran segreto e smontata da una telefonata. Quella di Gian Piero Gasperini che nel frattempo aveva cambiato idea. L'allenatore dell'Atalanta aveva bloccato tutto attraverso il Team Manager. Disfatte le valigie, il ritorno a Zingonia e il lavoro con la prima squadra pensando di poter far parte della squadra che lo aveva allevato quando sin da quando era un bambino. Fino all'ultimo giorno di mercato. Ribalta e Pederzoli, in una delle poche intuizioni felici di quell'anno, si sono fiondati con convinzione sul giovane difensore. Da li in poi, storia nota. 

delprato-esulta

Da Zingonia, dove ha passato l'80% della sua vita, a Collecchio. In Mercedes. La fascia di capitano che gli sarebbe spettata dopo un paio di stagioni a Parma se l'era già portata da Grassobbio, a un quarto d'ora dal Centro Sportivo Bortolotti, l'officina dei talenti. Tutta la trafila delle giovanili passata con il braccio stretto da una fascia. Capitano negli Allievi Nazionali, capitano in Primavera. Assente al Tardini quando i suoi compagni sollevavano il trofeo dopo la vittoria del campionato. Lui faceva parte della spedizione azzurra al Mondiale Under-20. Ma sabato, al Tardini, c'era. Eccome s ec'era. Da Zingonia sono passati in tanti, pure Enrico che ci è arrivato a 7 anni. Merito di Raffaello Bonifacio, uno all'antica. Oggi sarebbe stato nemico degli algoritmi, dato che a 70anni se ne andava ancora in giro per la provincia a scoprire talenti. È stato il tecnico di Delprato Ivan, che oggi allena in Serie D. Ed ha cresciuto anche il figlio, Enrico. Pescato nel cortile dell'oratorio, dove si divertiva ad alternare il calcio con il basket, altro sport che gli è rimasto dentro. Un canestro dopo l'altro, con addosso le maglie larghe di papà: lunghe fin sotto le ginocchia e larghe. Reperti che oggi il capitano del Parma custodisce gelosamente e sulle quali ieri faceva mille domande chiedendosi chi fossero questi e che ruolo facessero. Altre storie, un altro calcio. Un'altra vita che ha riempito i primi anni di Enrico. Cresciuto con il poster di Kakà in cameretta e le immagini dei suoi gol in Tv. La prima maglia è stata quella rossa dei Red Devils: CR7. Oggi l'ha conservata assieme a quelle che ha scambiato in questi anni. Segnati da una crescita importante e impreziosita da convocazioni in Under-20 e Under 21 azzurre.

Delprato, capitano al tempo dell'Atalanta-4

La maglia dell'Italia resta un sogno, lo era sin da quando giocava a carte con il nonno: e guai se perdeva. Briscola e scopa. Erano scintille per tutto il giorno. Ping Pong durante le vacanze, PlayStation, qualunque cosa facesse, la sconfitta non era contemplata per Delprato. Ma nella vita di uno sportivo bisogna metterla in preventivo. C'è da dire che Enrico ha sempre convissuto con diverse situazioni più grandi di lui. Una su tutte: il Covid. Grassobbio era stata assorbita dal contagio, lui ha temuto per la vita dei suoi familiari. Tanti amici di papà e mamma hanno lasciato questo mondo, tanti altri hanno avuto problemi. Da Livorno, dove Delprato giocava, guardava le immagini dei Tg di tutto il mondo. E soffriva, pensava. Tre mesi senza vedere i suoi genitori se non attraverso il telefonino e le videochiamate. Il periodo più lungo scandito da un'assenza forzata, con i riferimenti lontanissimi. Ricordi nitidi, vivi nella mente del capitano che sabato, con un'esultanza sfrenata, ha trascinato tutto il Tardini. Prima la festa in spogliatoio, poi il suo piatto preferito: polenta e ossi buchi, da buon bergamasco. Il ragazzo della porta accanto festeggia così: al massimo si concede la lasagna di mamma Tamara. Ma la dieta è ferrea e si rispetta. La cura dei dettagli fa la differenza. La sera si rilassa con un po' di buona musica: viaggia sulle note di papà Ivan: alterna Mina ai Queen, Ligabue a Vasco. E cantautori di un'altra epoca. Delprato, cuore di capitano, è un tipo estremamente 'normale', apparentemente lontano dai social e vicino all'anima dei tifosi del Parma. Non poteva che esserci la sua firma sulla vittoria come quella che la squadra di Pecchia si è regalata sabato. 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Delprato, un capitano coi ... baffi

ParmaToday è in caricamento